Nella notte scorsa, la *Mediterranea*, nuova unità operativa dell’organizzazione umanitaria italiana impegnata nel soccorso in mare, ha assunto la sua postazione operativa nell’Area di Ricerca e Soccorso (SAR) sotto giurisdizione libica, avviando un’attività di sorveglianza e monitoraggio in acque internazionali, posizionata a circa trenta miglia nautiche dalla costa libica.
L’operazione, inizialmente proceduta secondo i protocolli standard, è stata rapidamente segnata da un’escalation di tensione con implicazioni di natura giuridica e geopolitica.
Alle prime ore del mattino, l’imbarcazione è stata inaspettatamente e ripetutamente avvicinata da un numero crescente di gommoni veloci, identificabili come imbarcazioni militari.
Questi mezzi, equipaggiati con personale armato, hanno deliberatamente evitato qualsiasi tentativo di identificazione via radio, creando un clima di sospetto e ostilità.
L’azione, lungi dall’essere un semplice atto di controllo, si è configurata come una manovra di intimidazione volta a dissuadere l’attività di soccorso.
Il numero dei gommoni è salito a otto entro le 7:30, disposti in una formazione circolare attorno alla *Mediterranea*.
Le imbarcazioni hanno intrapreso manovre rischiose e provocatorie in prossimità della prua della nave, mentre i militari, molti con il volto nascosto dietro passamontagna, hanno rivolto all’equipaggio gesti percepiti come minacciosi.
Il linguaggio utilizzato dai militari, attraverso ripetuti e insistenti messaggi radio, è stato altrettanto diretto e inequivocabile: un ordine imperativo e ripetuto ad allontanarsi dalle acque libiche.
L’episodio, culminato con la partenza dei gommoni in direzione del porto di Al Zawiyah, solleva interrogativi complessi in merito alla libertà di navigazione, alla protezione dei diritti umani e alla responsabilità di garantire la sicurezza dei migranti che tentano la traversata del Mediterraneo.
L’intimidazione di imbarcazioni di soccorso, in acque internazionali, costituisce una violazione del diritto internazionale e un ostacolo all’esercizio di un diritto fondamentale: il diritto di soccorso.
Il comandante della *Mediterranea* ha sottolineato la natura mafiosa dell’intimidazione, evidenziando l’uso di divise e passamontagna come tentativo di eludere le responsabilità e nascondere le identità dei responsabili.
L’azione dimostra la crescente politicizzazione del fenomeno migratorio e l’utilizzo di tattiche di coercizione per scoraggiare gli interventi umanitari.
L’evento richiede un’indagine approfondita e un impegno concreto da parte della comunità internazionale per garantire la sicurezza delle imbarcazioni di soccorso e il rispetto del diritto internazionale in materia di diritti umani e navigazione.
L’episodio, inoltre, apre una riflessione sulla necessità di rafforzare la protezione legale e la sicurezza del personale umanitario impegnato in attività di salvataggio in mare.