venerdì, 18 Luglio 2025
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Mozia: emerge statua femminile, enigma di un passato multiculturale.

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L’emersione di un frammento scultoreo a Mozia, isola testimone di un passato multiculturale al largo della costa trapanese, arricchisce il patrimonio archeologico siciliano con una voce silenziosa, ma eloquente.

La statua, oggetto di un’impegnativa operazione di scavo condotta dall’Università degli Studi di Palermo in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Trapani, si presenta come un enigma frammentato, una figura femminile in marmo che ci riconduce ad un’epoca di intense interazioni culturali e strategiche nel cuore del Mediterraneo.

L’assessore regionale ai Beni Culturali, Francesco Paolo Scarpinato, sottolinea l’importanza di questo ritrovamento, non solo come un’aggiunta significativa al corpus delle testimonianze materiali, ma anche come un monito costante del valore del lavoro di ricerca e tutela, un impegno quotidiano volto a preservare l’identità siciliana, forgiata da secoli di scambi e influenze.
La Sicilia, crocevia di popoli e civiltà, continua a offrire, come un tesoro inesauribile, reperti che illuminano le dinamiche del passato e invitano a una riflessione più profonda sul nostro presente.
La scultura, con la sua altezza di 72 centimetri compreso il piedistallo, pone interrogativi sulla sua origine e il suo significato.

La sezione del torso, lungi dall’essere una conseguenza di un evento casuale, rivela una tecnica costruttiva sofisticata: la statua era composta da due blocchi di marmo uniti da tenoni metallici, un dettaglio che suggerisce una complessità nella sua realizzazione e un’economia di risorse che caratterizzava la produzione scultorea dell’epoca.

La scelta di utilizzare blocchi separati potrebbe essere legata alla disponibilità di materiale, alla tecnica utilizzata dallo scultore, o alla volontà di ottenere dimensioni specifiche.
Il contesto del ritrovamento – l’area del Ceramico di Mozia (Area K), uno dei più importanti centri di produzione ceramica punica del Mediterraneo centrale – offre ulteriori indizi.
La sua posizione, orizzontale, ai margini di una vasca utilizzata per preparare l’argilla per la produzione di vasi e terrecotte figurate nel V secolo a.
C.

, suggerisce una “dismissione” intenzionale, una decisione deliberata di sotterrare l’opera.
Questa azione, collocabile nell’ultima fase d’uso dell’officina, potrebbe essere collegata all’assedio dionigiano del 397 a.
C.
, evento cruciale che segnò un punto di svolta nella storia di Mozia, ponendo fine alla sua indipendenza e integrando l’isola nel dominio cartaginese.

L’atto di seppellire la statua, pertanto, non va interpretato come un mero atto di distruzione, ma come un gesto carico di significato simbolico, forse legato a riti propiziatori, a un cambio di paradigma culturale, o a una forma di “archiviazione” di un’epoca giunta al termine.
L’analisi dei residui organici presenti nel contesto del ritrovamento e un’attenta datazione della ceramica coeva potrebbero fornire ulteriori elementi per comprendere le ragioni di questa scelta e per ricostruire il contesto storico e culturale in cui l’opera fu creata e, infine, “abbandonata”.
La scultura, ora, ci invita a proseguire il dialogo con il passato, alla ricerca di risposte che possano illuminare il volto di Mozia e la sua complessa storia.

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