La notte del 19 agosto 2024, il lusso e l’ambizione si frantumarono in un drammatico naufragio al largo di Porticello.
Il *Bayesian*, imponente veliero di proprietà del magnate Mike Lynch, fu inghiottito dalle onde durante una violenta tempesta, lasciando dietro di sé un retaggio di domande, accuse e dolore.
La testimonianza di Matthew Griffiths, marinaio di guardia, rappresenta un tassello cruciale nel complesso puzzle dell’indagine condotta dalla procura di Termini Imerese, ma solleva anche inquietanti discrepanze.
Secondo Griffiths, l’arrivo della perturbazione atmosferica si manifestò gradualmente.
Il monitoraggio della pressione barometrica, inizialmente rassicurante, non suggerì l’imminente pericolo.
Fu solo dopo l’una del mattino che la situazione iniziò a precipitare, con un deterioramento che proseguì fino alle quattro, quando la consapevolezza della gravità della situazione lo spinse all’azione.
“La barca stava arando,” racconta Griffiths, descrivendo la lotta del veliero contro i venti impetuosi.
L’improvviso movimento all’indietro, segnalato da un display elettronico, fu l’evento che innescò la sua corsa verso la camera del capitano, per risvegliarlo.
L’ora, fissata alle 4.10, segna un momento di svolta, un tentativo disperato di invertire la rotta verso la catastrofe.
Il comandante James Cutfield giunse sulla scena poco dopo, trovando il *Bayesian* ancora a galla, ma già condannato.
Qui, la narrazione del marinaio si scontra con un elemento cruciale: il messaggio di soccorso, lanciato automaticamente dal GPS, è stato intercettato dalla guardia costiera di Bari alle 4.06.
Un lasso di tempo apparentemente breve, ma che, contestualizzato con i racconti dei superstiti che attestano l’affondamento alle 4.24, genera un quadro frammentario e contraddittorio.
Le discrepanze temporali alimentano un sospetto: furono presi decisioni che hanno contribuito all’aggravarsi della situazione? Si trattò di un errore di valutazione, di una sottovalutazione del pericolo, o di altro?Durante l’interrogatorio, svolto nell’hotel che ospitò i superstiti per dieci giorni, gli investigatori presentarono a Griffiths un video fornito dal cantiere nautico Orlando, riprendente i momenti finali del *Bayesian*.
La visione di immagini così crude e definitive generò in lui un profondo turbamento.
“Per me la barca è come una bimba,” esprime con un’emozione palpabile, “è molto triste vedere come è andata”.
La sua dichiarazione rivela un senso di responsabilità e di rimpianto: la possibilità di aver agito diversamente, di aver svegliato il comandante prima, di aver chiuso i portelli di prua in tempo.
Tuttavia, la sua conclusione è cupa: “non credo che la barca poteva salvarsi”.
Questa frase, apparentemente rassegnata, lascia spazio a interpretazioni complesse.
È una confessione di impotenza di fronte a una forza della natura inarrestabile? O è una forma di autoassoluzione, un tentativo di minimizzare il proprio ruolo nella tragedia? La verità, come le onde che inghiottirono il *Bayesian*, si cela ancora in profondità, sfuggendo a una facile comprensione e alimentando le domande che aleggiano sulla notte del naufragio.
L’indagine dovrà fare luce sulle dinamiche che portarono a questa tragedia, cercando di ricostruire la sequenza degli eventi e di accertare le responsabilità di ciascuno, per restituire giustizia alle vittime e comprendere appieno le cause di un disastro che ha portato via con sé sogni di lusso e ambizioni, lasciando dietro di sé solo macerie e interrogativi.