Operazione ‘Ghenos’: Smascherata Rete Criminale Contro il Patrimonio Archeologico

Un’indagine complessa e articolata, protrattasi per anni, ha portato alla luce una rete criminale transregionale dedita al saccheggio sistematico del patrimonio archeologico italiano.

L’operazione ‘Ghenos’, coordinata dalla Procura di Catania e con ramificazioni operative a Roma e Catanzaro, ha coinvolto 79 indagati, di cui 45 soggetti colpiti da misure cautelari, un numero che include due membri delle forze dell’ordine, rivelando una profonda infiltrazione criminale.

L’entità del bottino recuperato è sbalorditiva: diecimila monete antiche, il cui valore stimato raggiunge i 17 milioni di euro, rappresenta solo la punta dell’iceberg di un danno incalcolabile arrecato al patrimonio culturale nazionale.

L’operazione ha svelato una sofisticata organizzazione criminale capace di pianificare e realizzare scavi clandestini in siti archeologici di inestimabile valore, per poi ricettare e commercializzare illegalmente i reperti sottratti.
Un elemento particolarmente emblematico dell’indagine è l’individuazione di un “arsenale” di 60 metal detector, dispositivi ad alta tecnologia, impiegati dai malviventi per localizzare i siti di interesse archeologico.

La loro disponibilità, superiore a quella degli enti preposti alla tutela del patrimonio, evidenzia un divario preoccupante e un vantaggio tecnico innegabile concesso ai criminali.

Questi strumenti, ora sequestrati e consegnati alle autorità competenti, testimoniano l’approccio meticoloso e scientifico adottato dai saccheggiatori per massimizzare il loro guadagno illecito.

L’operazione ‘Ghenos’ non si limita a un mero sequestro di reperti e all’applicazione di misure cautelari; essa rappresenta un’indagine strategica volta a disarticolare un’organizzazione criminale strutturata, capace di sfruttare la fragilità del sistema di controllo e di agire con una preparazione tecnica avanzata.

L’individuazione di due funzionari delle forze dell’ordine tra gli indagati sottolinea la necessità di un’indagine interna approfondita e di un rafforzamento dei controlli a tutti i livelli, al fine di prevenire abusi e collusioni.

La vicenda solleva interrogativi cruciali sulla tutela del patrimonio archeologico italiano, evidenziando la necessità di investimenti maggiori in tecnologia, personale specializzato e controlli più efficaci per contrastare il fenomeno del saccheggio e della ricettazione di beni culturali.

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