Il caso di Oriana, giovane ventitreenne residente a Milazzo, Messina, mette a nudo le criticità di un sistema sanitario pubblico appesantito da ritardi e disfunzioni, con ripercussioni drammatiche sulla qualità della vita di pazienti fragili.
Affetta da sindrome di Bechet, una patologia infiammatoria cronica che colpisce i vasi sanguigni, Oriana si trova in una condizione di invalidità accertata all’ottanta per cento e beneficiaria della legge 104, comma ter, che dovrebbe garantire priorità nell’accesso alle prestazioni sanitarie.
La sua storia è segnata da un percorso clinico complesso, costellato da interventi chirurgici e, dolorosamente, da tre perforazioni intestinali avvenute nel tempo.
Nonostante ciò, il Sistema Cup (So.
Cu.
P.
), il punto di riferimento per la prenotazione di esami diagnostici, sembra negarle l’accesso a indagini strumentali urgenti e necessarie, relegandola ad un’attesa prolungata fino a dicembre 2026 per una risonanza magnetica – un ritardo inaccettabile di un anno e mezzo.
La vicenda trascende la semplice difficoltà burocratica, rivelando una profonda inadeguatezza organizzativa che impedisce l’applicazione concreta dei diritti sanciti dalla legge.
La madre di Oriana, pur esprimendo apprezzamento per l’impegno e la professionalità dei medici e del personale sanitario che hanno seguito la figlia, non può ignorare le incongruenze del sistema.
Ricorda con amarezza come, in passato, fosse stata costretta a sostenere una spesa di 1.
300 euro per una serie di esami diagnostici, altrimenti irraggiungibili nei tempi utili, ma che avrebbero dovuto essere forniti gratuitamente.
La risposta del So.
Cu.
P.
– che giustifica l’impossibilità di eseguire due risonanze magnetiche in intramoenia e prospetta appuntamenti solo a giugno e ottobre 2026 presso il Policlinico di Messina – evidenzia una gestione delle risorse che appare distante dalle reali esigenze del paziente.
L’impossibilità di ricorrere a strutture private accreditate per accelerare i tempi, unita alla carenza di personale e alla saturazione degli impianti pubblici, contribuisce ad allungare la spirale dell’attesa.
Di fronte a questa situazione, la famiglia, esasperata e sentendo violati i diritti fondamentali di Oriana, ha compiuto un gesto significativo: ha sporto denuncia ai Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto.
Questa segnalazione non è solo un atto di disperazione, ma anche un monito per le istituzioni, un invito a riflettere sulla necessità di un profondo ripensamento del sistema sanitario, orientato a garantire l’equità nell’accesso alle cure e a proteggere i diritti dei pazienti più vulnerabili.
Il caso di Oriana rappresenta una ferita aperta nel tessuto del welfare italiano, un campanello d’allarme che non può essere ignorato.