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martedì 11 Novembre 2025

Palermo, la rabbia grida: Decuffarizziamo la Sicilia

Davanti a Palazzo d’Orleans, a Palermo, si è levata una voce corale, un sit-in vibrante di rabbia e di speranza.

Un centinaio di esponenti di movimenti progressisti e cittadini, uniti sotto striscioni che invocano un radicale cambiamento: “Decuffarizziamo la Sicilia”.

L’onda di scontento è stata innescata dalla richiesta di arresto, da parte della Procura di Palermo, nei confronti di Totò Cuffaro e di altri sedici individui, tra cui il parlamentare Saverio Romano, coinvolti in un’inchiesta che dipinge un quadro inquietante di appalti sanitari manipolati e finalizzati a favorire interessi privati.

L’evento trascende la mera questione giudiziaria, configurandosi come una denuncia più ampia della crisi di credibilità delle istituzioni regionali e di un sistema politico percepito come compromesso e distante dai bisogni della comunità.
Pierpaolo Montalto, segretario regionale di Sinistra Italiana, incarna questo sentimento, denunciando una “democrazia mortificata” e sollecitando le dimissioni del governo Schifani, non come atto di responsabilità individuale, ma come gesto necessario per restituire dignità all’intera regione.
La recente rimozione degli assessori regionali Nuccia Albano e Andrea Messina, sebbene interpretata come un tentativo di defangare l’esecutivo, non è percepita come sufficiente.

Anthony Barbagallo, segretario del Pd siciliano, sottolinea una “negligenza” strutturale, evidenziando come il governatore non abbia saputo garantire un’amministrazione trasparente e affidabile.
La richiesta di un cambio di leadership, quindi, non si limita alla sostituzione di figure specifiche, ma mira a una profonda revisione del modello di governance.

L’immagine del “pesce che puzza dalla testa”, evocata da Ismaele La Vardera, leader di Controcorrente, sintetizza la percezione di una corruzione radicata nelle alte sfere del potere.
La protesta si configura, dunque, come un appello a un futuro in cui la politica sia al servizio del bene comune, non di interessi particolari.

Nuccio Di Paola, coordinatore del M5S siciliano, rafforza questo messaggio, invocando la necessità di costruire “un’alternativa possibile” a un governo che ha perso il contatto con la realtà sociale.
Davide Faraone, vicepresidente di Italia Viva, estende la denuncia, puntualizzando che la vicenda non riguarda esclusivamente la Dc, ma coinvolge l’intero spettro politico che sostiene l’esecutivo Schifani.
La protesta cittadina, animata da slogan come “Renato-Cuffaro dimettiti” e “Rispetto per la Sicilia”, manifesta un desiderio palpabile di cambiamento e di giustizia.
Alfio Mannino, segretario della Cgil Sicilia, non risparmia critiche nemmeno alla leadership dell’Assemblea Regionale Siciliana e ad altri assessori, coinvolti in altre inchieste.

La denuncia è severa: chi aveva la responsabilità di governare ha tradito la fiducia dei cittadini, anteponendo interessi personali a un’azione politica volta al servizio del bene comune.

Mannino sottolinea la necessità di una “discontinuità profonda” con il passato, che vada oltre la mera sostituzione di figure istituzionali.
La richiesta a Schifani non è solo di dimissioni, ma di un atto di responsabilità verso una regione che merita di essere governata con onestà e trasparenza, restituendo speranza e fiducia in un futuro migliore.

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