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Passo di Rigano, 74 anni fa: un’imboscata, un monito.

Il 19 agosto 1949, il Passo di Rigano, periferia di Palermo, fu teatro di una delle pagine più cruente della guerra tra lo Stato e la mafia siciliana: la strage che costò la vita a sette carabinieri e ne ferì gravemente altri dieci.

Commemorazioni solenni si sono tenute stamane, dinanzi al cippo commemorativo in via Leonardo Ruggeri, un luogo che racchiude il peso di un’eredità di violenza e di un impegno costante per la legalità.
La strage del Passo di Rigano, più che un singolo evento, rappresentò l’apice di una spirale di violenza alimentata dal banditismo mafioso e dalla figura carismatica e spietata di Salvatore Giuliano.

In quel periodo, la Sicilia era scossa da un clima di terrore, con continui attacchi e intimidazioni da parte delle bande armate che agivano indisturbate, spesso con il colluso silenzio di una parte della popolazione.
L’Arma dei Carabinieri, sotto la guida di ufficiali come il tenente Ignazio Milillo, si impegnava a ristabilire l’ordine e a contrastare il potere mafioso, affrontando una sfida ardua e pericolosa.
Il tenente Milillo, figura chiave in quegli anni di conflitto, aveva intuito la necessità di una presenza costante nell’area di Bellolampo-Passo di Rigano, un territorio strategico e vulnerabile.
La sua azione mirava a proteggere il presidio dell’Arma da attacchi imminenti, ma anche a raccogliere informazioni cruciali sulla rete di Giuliano e dei suoi complici.
La dinamica dell’attentato, come raccontato dal figlio, il generale Gianfranco Milillo, rivela la pericolosità della missione e la capacità di Giuliano di sfruttare anche la sfera privata per tendere imboscate.

La ricostruzione di Gianfranco Milillo getta luce su un aspetto spesso trascurato: la combinazione di professionalità e vulnerabilità che caratterizzava l’azione dei carabinieri.
L’episodio del mazzo di fiori, portato a casa per la nascita del figlio, testimonia la normalità di una vita spezzata dalla violenza, la precarietà del destino di chi si dedica alla difesa dello Stato.

La collaborazione di un’informatrice, elemento fondamentale per la raccolta di informazioni, espose ulteriormente i carabinieri a rischi imprevisti e a insidie complesse.

La rivelazione di un bandito, dopo la morte di Giuliano, aggiunge un ulteriore strato di drammaticità alla vicenda: l’immagine di Giuliano che desiste dal fuoco, convinto che si tratti di un incontro amoroso, è un’amara ironia che sottolinea l’inestricabilità tra violenza, apparenza e realtà.
Il cippo commemorativo eretto dal tenente Milillo non è solo un monumento ai caduti e ai feriti, ma anche un simbolo della perseveranza dell’Arma dei Carabinieri e dell’impegno costante per sconfiggere la criminalità organizzata e restituire sicurezza ai cittadini.

La memoria della strage del Passo di Rigano continua a rappresentare un monito, un invito a non dimenticare il prezzo pagato per la libertà e la legalità, e a rafforzare la lotta contro ogni forma di mafia e di violenza.

L’eredità di quegli uomini e donne che hanno dedicato la loro vita alla difesa dello Stato resta un esempio di coraggio e di dedizione che deve ispirare le generazioni future.

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