La sentenza definitiva della Corte di Cassazione sancisce la condanna a dodici anni di reclusione per l’ex parlamentare Paolo Ruggirello, a coronamento di un intricato e complesso iter giudiziario che lo vede riconosciuto colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa.
La decisione, che preclude ogni ulteriore grado di impugnazione, rappresenta un tassello significativo nella lotta contro la criminalità organizzata in Sicilia e pone l’accento sulla pericolosa commistione tra politica e potere mafioso.
L’affaire Ruggirello emerge nel 2019 con l’operazione “Scrigno”, un’indagine capillare condotta dalla Procura di Palermo sotto la direzione del procuratore Maurizio de Lucia, volta a disarticolare una rete di relazioni e traffici illeciti che affondavano le radici nel Trapanese.
L’inchiesta, che si è rivelata un’analisi approfondita di dinamiche sociali e politiche consolidate nel tempo, ha portato alla luce un rapporto di inequivocabile favoreggiamento tra il politico e Pietro Virga, figura di spicco della mafia trapanese.
L’accusa, sostenuta da prove documentali e testimoniali, ipotizza che Ruggirello, nel corso della sua carriera politica, abbia deliberatamente agevolato le attività criminali dell’organizzazione mafiosa, in cambio di un sostegno elettorale che ne ha garantito la permanenza nel panorama politico nazionale.
Questo baratto, che ha compromesso l’integrità del sistema democratico, si sarebbe manifestato in atti di mediazione, nell’occultamento di informazioni rilevanti e nell’utilizzo della sua posizione istituzionale per proteggere gli interessi dei boss.
La Corte d’Appello di Palermo, il 25 gennaio scorso, aveva già confermato la condanna inflitta in primo grado, rigettando il ricorso presentato dalla difesa, che aveva tentato di contestare le prove a carico dell’ex parlamentare.
La decisione della Cassazione ratifica dunque la gravità delle accuse e la necessità di una risposta giudiziaria esemplare.
Il caso Ruggirello non si limita a una vicenda personale, ma solleva interrogativi profondi sulla responsabilità dei politici, sulla trasparenza del sistema elettorale e sulla vulnerabilità delle istituzioni di fronte all’influenza della mafia.
La sentenza, pur rappresentando una vittoria nella lotta alla criminalità organizzata, sottolinea l’urgenza di rafforzare i controlli, promuovere la cultura della legalità e garantire l’impegno costante di tutti gli attori sociali nella difesa dei valori democratici.
L’eco di questa vicenda risuona come monito per il futuro, evidenziando la necessità di un’azione continua e determinata per eradicare ogni forma di collusione e proteggere la salute della democrazia.








