L’assenza di un semplice titolo, “Onorevole”, sui segnaposto durante il convegno “Migliorare l’approvvigionamento ittico nel Mediterraneo”, nell’ambito del festival “Tesori del blu” a Mazara del Vallo, si è rivelata un’evocativa spia di dinamiche di genere ancora radicate nel panorama politico italiano. Questo dettaglio apparentemente insignificante, denunciato dalla deputata Cristina Ciminnisi, unica rappresentante femminile della provincia di Trapani in Parlamento, trascende la mera disattenzione organizzativa per assumere il valore di una manifestazione simbolica di un’esclusione sottile e persistente.L’episodio non è un semplice errore di battitura, bensì una cristallizzazione di un atteggiamento culturale che tende a marginalizzare le donne nei contesti di potere. Riflette una logica pervasiva che, pur riconoscendo la presenza femminile, ne minimizza l’autorevolezza e la legittimità. La deputata Ciminnisi ha sapientemente evidenziato come questa pratica, apparentemente innocua, si traduca in una quotidiana svalutazione del contributo delle donne nella vita pubblica.L’assenza del titolo “Onorevole” diventa metafora della fatica che le donne devono costantemente affrontare per affermare la propria voce e la propria posizione. È la personificazione della necessità di dimostrare la propria competenza e il proprio diritto di partecipare al processo decisionale, spesso doppiamente rispetto ai colleghi uomini. Implica una continua negoziazione della propria presenza, un perpetuo tentativo di farsi accettare senza compromettere l’ordine costituito. Si tratta di una cultura che sussurra: “Sei benvenuta, ma mantieni un profilo basso. Esprimi le tue opinioni con cautela, non sfidare lo status quo.”La denuncia di Ciminnisi non è un’autocompiacimento personale, ma un appello corale, un grido di allarme per tutte le donne che si confrontano quotidianamente con queste microaggressioni, spesso interiorizzate e naturalizzate. È un monito che invita a riflettere sulla distanza ancora da percorrere per raggiungere una reale parità di rappresentanza e di considerazione nel mondo della politica. Se nel 2025, una parlamentare dovesse ancora rivendicare il diritto di essere riconosciuta con lo stesso rispetto dei suoi colleghi maschi, significa che la strada verso una cultura inclusiva e paritaria è ancora lunga e tortuosa, e che un lavoro di cambiamento culturale profondo e strutturale è ancora urgente e necessario. La questione non riguarda solo l’etichetta su un segnaposto, ma la sostanza stessa della nostra democrazia.
Segnaposto senza nome: una microaggressione al femminile.
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