L’anniversario della strage di via D’Amelio, data che dovrebbe invitare alla riflessione e al distacco dalle polemiche, si è invece rivelato un ulteriore amplificazione delle tensioni che da tempo attanagliano il sistema giudiziario italiano.
Un’auspicio vano, dunque, quello di una tregua, un momento di respiro necessario per affrontare, con lucidità, la delicata questione dell’indipendenza della magistratura.
Un equilibrio imprescindibile, fragile e costantemente minacciato da un clima di sospetto e dalla strumentalizzazione politica del diritto.
Come osservato dal Procuratore Nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, la ricerca di nuove fondamenta per l’autonomia giudiziaria non può prosperare nell’ombra dell’ostilità e della contrapposizione.
Richiede, al contrario, un cambio di paradigma: un passaggio dall’accusa e dalla diffidenza all’ascolto reciproco, dalla retorica bellicista a un dialogo costruttivo, alimentato da un comune senso di responsabilità verso la salvaguardia dello Stato di diritto.
Le recenti polemiche, susseguenti il ricorso contro l’assoluzione di un esponente politico di rilievo, sono un sintomo di un malessere più profondo, un riflesso della crescente politicizzazione del processo penale.
Un fenomeno che, se non arginato, rischia di compromettere irreparabilmente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Nel contesto di un convegno dedicato alla sfida rappresentata dalla criminalità organizzata transnazionale, e organizzato dalla Direzione Nazionale Antimafia e dal Ministero degli Esteri a Palermo, Melillo ha sottolineato un dato cruciale emerso da incontri con magistrati provenienti da diverse nazioni dell’America Latina: l’importanza, a livello globale, del contributo offerto dalla magistratura indipendente nella difesa della democrazia.
Un contributo che si manifesta non solo in termini di contrasto alla criminalità, ma anche nella tutela dei principi fondamentali dello Stato di diritto, come la separazione dei poteri e l’imparzialità della giustizia.
La dichiarazione del procuratore nazionale mette in luce una contraddizione stridente: l’indipendenza della magistratura viene spesso celebrata a parole, ma la sua effettiva protezione necessita di un impegno concreto, che vada oltre le dichiarazioni di intenti.
Essa implica la capacità di resistere a pressioni esterne, di prendere decisioni imparziali, anche quando impopolari, e di garantire che il diritto sia applicato in modo equo e uniforme, senza favoritismi o discriminazioni.
La condivisione di esperienze e di buone pratiche con magistrati di altri paesi, come avvenuto durante il convegno, rappresenta un passo fondamentale per rafforzare questa indipendenza e per contrastare le derive autoritarie che ne minacciano l’esistenza.
La salvaguardia di questo pilastro della democrazia è un dovere che riguarda tutti, istituzioni e cittadini, e che richiede un impegno costante e condiviso.