La revisione delle indagini sulle stragi del ’92, in particolare riguardo alla cosiddetta “pista nera” collegata alla figura di Stefano delle Chiaie, ha portato a un’inaspettata conclusione: l’ipotesi si rivela infondata.
L’affermazione, pronunciata dal procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, durante l’audizione alla Commissione nazionale Antimafia, segna una svolta significativa nella ricerca della verità dietro gli attentati che sconvolsero l’Italia.
L’iniziale apertura verso questa linea investigativa, alimentata dalla prospettazione avanzata dall’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, oggi senatore del Movimento 5 Stelle, si è dissolta nell’analisi approfondita dei documenti pervenuti da Palermo.
La speranza di una svolta cruciale, un’illuminazione in grado di svelare connessioni inattese e nuovi responsabili, si è trasformata nella constatazione di un “zero tagliato,” un’assenza di elementi concreti che possano supportare l’ipotesi.
Questa conclusione non solo implica un’ulteriore complessità nella ricostruzione degli eventi, ma solleva interrogativi sulla validità delle piste investigative iniziali e sulla necessità di un’analisi più critica delle informazioni disponibili.
La “pista nera” si basava sull’ipotizzata presenza di elementi deviati, di un’infiltrazione di figure legate al terrorismo nero all’interno delle dinamiche mafiose, un’ipotesi che, se confermata, avrebbe potuto cambiare radicalmente la comprensione delle motivazioni e dei responsabili delle stragi.
Tuttavia, l’assenza di riscontri significativi, di collegamenti verificabili e di prove tangibili ha portato gli inquirenti a relegare questa pista in una posizione marginale.
Questo non significa che la ricerca della verità sia conclusa, anzi.
La conclusione del procuratore De Luca apre la strada a nuove indagini e a un’esplorazione più approfondita di altre piste investigative, tenendo conto del contesto storico e sociale dell’epoca, delle dinamiche interne alla mafia e delle possibili relazioni con altre organizzazioni criminali.
L’accostamento tra mafia e terrorismo, sebbene complesso e spesso controverso, non può essere escluso a priori.
La “pista nera,” pur risultata infondata nella sua formulazione originaria, ha contribuito a stimolare una riflessione più ampia sui possibili legami tra queste due realtà criminali e sull’importanza di analizzare in modo critico le informazioni, evitando pregiudizi e concentrandosi sui fatti concreti.
La ricerca della verità sulle stragi del ’92 rimane un impegno imprescindibile per la giustizia e per la memoria delle vittime, un dovere nei confronti di un Paese che ha sofferto e che non può dimenticare.
L’assenza di risultati immediati non deve scoraggiare, ma piuttosto rafforzare la determinazione a proseguire nell’indagine, con rigore e competenza, alla ricerca di ogni elemento utile per fare luce su uno dei capitoli più bui della storia italiana.






