“Il Pirata”: Un Ritorno al Teatro Massimo di Catania tra Memoria e InnovazioneIl Teatro Massimo di Catania si appresta a riaccendere i riflettori su “Il Pirata” di Vincenzo Bellini, evento centrale della quinta edizione del Bellini International Context, un festival promosso dall’Assessorato regionale al Turismo, Sport e Spettacolo.
L’allestimento, programmato per il 23 settembre, data che commemora il 190° anniversario della morte del compositore catanese, si radica in una consuetudine non formale che lega l’esecuzione di un’opera del “Cigno” a questa significativa ricorrenza.
Sul podio, il direttore Marco Alibrando guiderà l’Orchestra e il Coro del Teatro Massimo, preparato dal maestro Luigi Petrozziello, offrendo una lettura contemporanea del partitura.
La regia di Renato Bonajuto, affiancata dalle suggestive scenografie e video di Arcangelo Mazza, ispirate al genio di Sanquirico, e dai costumi di Mariana Fracasso, saprà restituire al pubblico la potenza emotiva e la bellezza visiva dell’opera.
Le luci di Antonio Alario contribuiranno a creare un’atmosfera coinvolgente, esaltando le interpretazioni del cast: Celso Albelo (Gualtiero), Irina Lungu (Imogene) e Franco Vassallo (Ernesto), affiancati da Ivan Tanushi (Itulbo), Mariano Buccino (Goffredo), Silvia Caliò (Adele).
“Il Pirata” si configura come un’opera fondante dell’estetica romantica, un vero e proprio manifesto artistico che affonda le sue radici nel fermento culturale milanese dell’epoca.
Un contesto intellettuale animato da figure di spicco come Andrea Maffei, traduttore e divulgatore di tendenze europee, e influenzato da voci autorevoli come Madame de Staël, i fratelli Schlegel, Schiller e il carismatico Lord Byron.
Questi riferimenti costituiscono un distacco netto dagli ideali classici del periodo della Restaurazione, esercitando un profondo influsso sul giovane Bellini, all’epoca impegnato in studi a Napoli, e sul suo librettista, Felice Romani, con il quale si avviò una delle collaborazioni più fruttuose nella storia del teatro musicale.
L’opera trae ispirazione diretta dal mélodrame francese “Bertram, ou le Pirate” di Charles Nodier e Isidore Taylor, rappresentato a Parigi nel 1826, a sua volta derivato dalla tragedia inglese “Bertram; or, The Castle of Saint-Aldobrand” di Charles Robert Maturin.
Tuttavia, Romani non si limitò a una mera trasposizione: il libretto subì una profonda rielaborazione, che investì nomi, ambientazioni e accentuò la drammaticità, in linea con l’innovazione che il compositore e il librettista intendevano introdurre nel panorama operistico italiano.
La trasformazione non fu una semplice traduzione, ma un autentico lavoro di cesello poetico e drammaturgico: la scelta di ambientare la vicenda nella Sicilia del XIII secolo, teatro di un conflitto acceso tra angioini e aragonesi, l’approfondimento psicologico dei personaggi e l’accentuazione del destino tragico rivelano una volontà di rendere il testo più in sintonia con i gusti emergenti del pubblico italiano.
Questo allestimento, dunque, non solo celebra un capolavoro del bel canto, ma riscopre un’epoca di fervore artistico e di profonde trasformazioni culturali, offrendo una prospettiva nuova su un’opera che continua a commuovere e ispirare.






