La recente restituzione di sei anfore di notevole importanza archeologica al Parco Archeologico di Naxos Taormina rappresenta un significativo tassello nel recupero del patrimonio culturale siciliano, frutto di un’attenta operazione condotta dalle autorità finanziarie del comando provinciale di Messina.
Il ritrovamento, avvenuto in un’area marginale del torrente Santa Venera, nella frazione di Trappitello, costituisce un’occasione per approfondire la comprensione delle dinamiche commerciali e produttive che hanno caratterizzato il territorio nella sua evoluzione storica.
Le anfore, un tempo celate tra i sedimenti marini e avvolte in vecchi fogli di giornale, si distinguono per la loro diversità tipologica e cronologica.
Tre esemplari, di dimensioni notevoli, attestano un periodo compreso tra il I secolo a.
C.
e il I secolo d.
C.
, epoca cruciale per lo sviluppo di Naxos (la moderna Taormina) come centro commerciale di primaria importanza nel Mediterraneo.
Questi grandi contenitori, probabilmente impiegati per il trasporto di merci come vino, olio o prodotti agricoli, offrono preziose informazioni sulla logistica e i flussi commerciali dell’epoca romana.
Le tre anfore minori, realizzate tra il 1600 e il 1800, pur presentando un contesto storico differente, rivelano un’ulteriore stratificazione di attività antropiche nel territorio, suggerendo potenzialmente usi differenti rispetto a quelli originari, forse legati a usi domestici o attività artigianali.
Il sequestro delle anfore, preventivamente disposto a seguito di una perizia archeologica effettuata dalla Soprintendenza di Messina, ha immediatamente confermato la loro natura di beni culturali di rilevante valore storico e artistico, delineando con precisione la loro origine geografica e cronologica.
La successiva autorizzazione da parte della Procura di Messina, che ha avviato un’indagine per dispersione di beni culturali a carico di ignoti, ha permesso la formale consegna delle anfore al Parco Archeologico di Naxos Taormina.
Questa restituzione non si limita alla mera conservazione fisica degli oggetti; essa si configura come un atto di valorizzazione del patrimonio archeologico siciliano, aprendo la strada a nuove ricerche e a un’interpretazione più completa del passato.
L’esposizione al museo archeologico del parco permetterà al pubblico di ammirare questi testimoni silenziosi della storia, contribuendo a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della tutela e della promozione del patrimonio culturale.
L’episodio solleva, inoltre, importanti interrogativi sulle cause che hanno portato alla loro occulta sepoltura, e stimola una riflessione più ampia sulla necessità di un controllo più efficace del territorio per prevenire ulteriori dispersione di reperti di inestimabile valore storico e scientifico.






