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Rosario Livatino: Giustizia, Fede e Territorio, un’eredità da riscoprire

Rosario Livatino: un Giurista al Servizio del Bene Comune – Tra Diritto, Fede e TerritorioL’Istituto Treccani, in sinergia con la Regione Siciliana, ha promosso un’opera di profonda valenza culturale e civile: il volume “Rosario Livatino tra Diritto e Fede”, curato da Gaetano Armao.

Quest’iniziativa mira a restituire al pubblico la figura di Rosario Livatino, magistrato siciliano barbaramente assassinato dalla mafia nel 1990, elevato al rango di beato dalla Chiesa Cattolica nel 2021, e a far luce sulla sua visione integrata di giustizia, diritto e impegno sociale.

Livatino non fu semplicemente un magistrato, ma un intellettuale profondamente radicato nel tessuto sociale siciliano e animato da una fede incrollabile.

La sua carriera, interrotta prematuramente a soli 38 anni, fu caratterizzata da un’integrità morale e da un coraggio che lo portarono a investigare le intricate dinamiche della criminalità organizzata agrigentina, spesso intrecciate con interessi economici e speculativi.
La sua riservatezza e il rifiuto di qualsiasi forma di pubblicità lo resero una figura ancora più emblematica, un baluardo silenzioso contro le infiltrazioni mafiose nel territorio.
Il volume, arricchito da contributi di figure di spicco del mondo accademico, giudiziario e religioso – Massimo Midiri, Alfredo Mantovano, Marcello Semeraro, Renato Schifani, Emanuele Boscolo, Guido Corso, Felice Giuffrè, Nicola Gullo, Maria Immordino, Laura Lorello, Andrea Piraino, Giovanbattista Tona e Caterina Ventimiglia – offre una panoramica completa della formazione intellettuale e professionale di Livatino.
Al centro dell’opera risiede la sua tesi di perfezionamento in diritto urbanistico regionale, rimasta inedita per lungo tempo e testimonianza di una lucida analisi delle problematiche legate alla pianificazione territoriale e alla gestione del patrimonio pubblico.
La tesi, pubblicata integralmente, rivela la capacità di Livatino di individuare le connessioni tra la criminalità mafiosa e la speculazione edilizia, delineando una visione critica e lungimirante del fenomeno dell’abusivismo.
L’iniziativa si inserisce nell’anno in cui Agrigento ricopre il titolo di Capitale Italiana della Cultura, sottolineando l’importanza di riscoprire figure esemplari che hanno incarnato i valori della legalità e del diritto come motore di riscatto per la Sicilia.
La collaborazione con l’Istituto Treccani, istituzione simbolo della cultura italiana, ha permesso di realizzare un’opera di ampio respiro, capace di restituire l’immagine di uno studente modello, un magistrato di eccezionale valore e un uomo profondamente consapevole del proprio ruolo nella società.
Particolarmente significativa è la pubblicazione di una frase inedita pronunciata da Livatino durante l’orazione funebre per Elio Cucchiara, sostituto procuratore aggiunto di Agrigento.
Le sue parole, di straordinaria potenza e chiarezza, esplicitano la sua concezione di giustizia come strumento di bene comune, ben al di là dell’applicazione formale della legge.

Livatino, con un’intuizione acuta e profonda, distingue tra due categorie di operatori del diritto: coloro che si limitano a interpretare la legge in modo opportunistico, e coloro che la vivono come strumento di giustizia autentica, orientata al servizio del bene comune.
Questa distinzione rivela la sua visione del ruolo del magistrato come operatore di giustizia, e non semplicemente come esecutore di una norma astratta.
La sua eredità intellettuale e morale continua a ispirare le nuove generazioni di professionisti e cittadini impegnati nella costruzione di una società più giusta e legale.

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