Il complesso monumentale di San Domenico a Sciacca, un frammento di storia e architettura incastonato nel cuore del centro storico agrigentino, si erge come una sfida aperta per l’intera comunità.
La proprietà dell’edificio, un intricato mosaico di titolarità suddiviso tra l’Agenzia del Demanio, la Curia, il Comune e il Libero Consorzio, riflette una situazione di frammentazione gestionale che ha contribuito al suo attuale stato di degrado.
Costruito nel 1534, il convento domenicano, esteso su una superficie complessiva di 3.500 metri quadrati, è un patrimonio di inestimabile valore, legato indissolubilmente alla storia della città.
La presenza di un chiostro di pregio, testimonianza della maestria artigianale dell’epoca, e l’associazione al nome di Tommaso Fazello, insigne monaco domenicano e storico locale, ne accrescono ulteriormente il significato culturale.
Nel corso dei secoli, il convento ha ospitato diverse funzioni pubbliche, adattandosi alle mutate esigenze del territorio: dall’intendenza di finanza alla caserma dei carabinieri, passando per una scuola e l’ufficio relazioni con il pubblico della provincia.
Questi adattamenti, sebbene funzionali, hanno spesso comportato compromessi che hanno contribuito al deterioramento del patrimonio originario.
La sezione locale di Italia nostra ha lanciato un appello urgente alla pubblica amministrazione, evidenziando l’imminente scadenza di un termine cruciale fissato dall’Agenzia del Demanio per la concessione di una porzione dell’immobile, pari a 321 metri quadrati.
Tuttavia, la frammentazione della proprietà rende difficile un intervento complessivo e risolutivo.
La preoccupazione principale non è tanto la singola concessione, ma la necessità di un approccio strategico che consideri l’intero complesso monumentale.
L’immobilismo e l’assenza di interventi conservativi programmati stanno accelerando il processo di degrado, compromettendo l’integrità strutturale e la ricchezza artistica del complesso.
La situazione attuale non solo priva la comunità di un importante riferimento storico e culturale, ma vanifica anche la possibilità di intercettare finanziamenti europei e di avviare progetti di restauro che potrebbero restituire decoro e vitalità al monumento.
La soluzione, come sottolinea Italia nostra, risiede nella capacità di superare le divisioni amministrative e di riunire sotto un’unica gestione la proprietà del San Domenico.
Un soggetto responsabile, dotato di risorse e competenze adeguate, potrebbe elaborare un piano di intervento organico, che non si limiti a interventi parziali ma che miri a un recupero completo e sostenibile del complesso, valorizzandone il potenziale storico, architettonico e sociale.
Si tratta di un imperativo non solo per la salvaguardia del patrimonio culturale, ma anche per la promozione dello sviluppo turistico e della qualità della vita a Sciacca.