Quaranta anni fa, la Regione Siciliana ha introdotto una misura legislativa pionieristica, “Liberi di scegliere”, un atto normativo volto a contrastare la cultura mafiosa attraverso un approccio innovativo: la protezione dei minori esposti a un destino segnato dall’appartenenza a organizzazioni criminali.
Questa legge, frutto di una collaborazione istituzionale tra il Tribunale per i Minorenni di Catania e la Regione Siciliana, rappresenta un tentativo audace di interrompere la trasmissione intergenerazionale della criminalità organizzata, arrivando, in casi estremi, a sospendere la potestà genitoriale.
L’iniziativa, originariamente sperimentata in contesti afflitti dalla presenza della ‘Ndrangheta in Calabria e successivamente applicata in Sicilia, si configura come una sfida epocale.
Non si tratta semplicemente di un intervento repressivo, ma di una rivoluzione amministrativa e culturale che impone alla macchina regionale una risposta integrata e coordinata.
Richiede un’interazione sinergica tra diversi assessorati, costringendo a una condivisione di risorse e strategie che supera le tradizionali divisioni burocratiche.
L’obiettivo primario è quello di smantellare il mito di invincibilità e il retaggio di potere che ancora permeano l’immaginario collettivo, nonostante le condanne e le azioni di contrasto.
Il consenso, seppur latente, che ancora accompagna le figure apicali della criminalità organizzata, alimenta la percezione di un potere incontrollabile e necessita di essere attivamente contrastato attraverso una mobilitazione civile ampia e consapevole.
Il giudice Roberto Di Bella, ideatore del protocollo che ha ispirato la legge, ha sottolineato come l’affetto materno per i figli rappresenti un fattore cruciale per la riscatto e la possibilità di superare un destino di rassegnazione.
Incoraggianti sono stati i segnali provenienti anche dai detenuti, inclusi coloro che scontano il regime di isolamento di 41 bis, che hanno espresso sostegno all’iniziativa.
L’intervento, esteso a oltre 200 minori e 34 donne che hanno scelto di allontanarsi dalle organizzazioni criminali in seguito alla protezione dei propri figli, ha generato effetti inaspettati, portando anche membri di alto rango mafiosi a collaborare con la giustizia in seguito al contatto con l’iniziativa.
Questo progetto, intrinsecamente carico di speranza, si configura come una legge d’avanguardia, un modello da seguire in altre regioni e nazioni.
La procuratrice per i minorenni di Palermo, Claudia Caramanna, ha evidenziato l’importanza cruciale dell’impegno congiunto di tutte le istituzioni, sottolineando il valore simbolico della legge come affermazione del principio che la lotta alla mafia non può essere delegata a terzi.
Il coordinamento previsto dal protocollo ha portato ad un aumento esponenziale dei procedimenti, passando da undici nel 2022 a oltre centocinquanta nel 2025.
Questo incremento testimonia l’efficacia della sistematicità dell’approccio, che coniuga l’azione repressiva con la tutela delle madri che desiderano liberarsi dalle logiche criminali, offrendo loro un percorso di ricostruzione personale e sociale.
Il percorso offerto non è solo una possibilità di salvezza individuale, ma anche un contributo fondamentale alla debolezza strutturale della mafia stessa.