La recente designazione della Dottoressa Annalisa Tardino a commissario straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale ha generato una reazione formale da parte del Governo regionale, comunicata attraverso Palazzo d’Orléans.
In un contesto caratterizzato da tensioni istituzionali, l’esecutivo siciliano si appresta a contestare, attraverso il ricorso giurisdizionale al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), la validità del provvedimento ministeriale emanato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, richiedendo preliminarmente la sua sospensione cautelare.
La decisione, lungi dall’essere un mero atto formale, si fonda su due nuclei di criticità ritenute sostanziali e inequivocabili.
Innanzitutto, la nomina è stata operata in palese disinteresse per il principio fondamentale della concertazione.
La legislazione vigente, con precisione, sancisce l’obbligo di una preventiva intesa, un processo di co-costruzione istituzionale, tra il governo centrale e la Regione Siciliana in questioni di tale rilevanza strategica per il territorio.
L’assenza di questo dialogo, l’omissione di un confronto proattivo, costituiscono una violazione giuridica manifesta.
In secondo luogo, e non meno rilevante, l’esame dei requisiti soggettivi richiesti per l’assunzione dell’incarico – requisiti che si applicano in maniera stringente anche per il ruolo di commissario straordinario – solleva seri dubbi sulla legittimità della nomina.
La normativa, infatti, impone una comprovata e specifica esperienza nel settore dei trasporti e della logistica portuale, una competenza tecnica che non appare, a detta della Regione, pienamente posseduta dalla Dottoressa Tardino.
Questo aspetto apre interrogativi sulla capacità di guidare efficacemente un’autorità portuale complessa e cruciale per l’economia siciliana.
La mossa del governo regionale segnala una ferma intenzione di tutelare le prerogative istituzionali e di garantire che decisioni di tale impatto siano assunte nel rispetto delle procedure legali e del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
L’azione legale non si configura pertanto come un atto ostile, ma come un esercizio di garanzia del diritto e di difesa del ruolo della Regione Siciliana nel processo decisionale che riguarda il suo territorio.
La vicenda apre ora un dibattito più ampio sulla governance delle autorità portuali e sulla necessità di rafforzare i meccanismi di coordinamento tra il governo centrale e le amministrazioni regionali.