La recente rimozione del partito di Totò Cuffaro dalla coalizione di centrodestra, evento che si consuma nell’immediato contesto di un panorama politico attraversato da gravi accuse di corruzione, solleva interrogativi profondi e impone una riflessione seria sull’integrità del sistema istituzionale siciliano.
Non si tratta di una semplice questione di responsabilità individuale o di un episodio isolato, bensì di un sintomo acuto di una patologia più radicata e diffusa, capace di intaccare le fondamenta stesse della democrazia regionale.
La formulazione della magistratura, che parla di un “sistema diffuso di condizionamento della vita pubblica piegato a interessi clientelari e corruttivi”, non può essere ignorata o minimizzata.
Essa suggerisce una rete complessa di relazioni e pratiche illegali, operante a diversi livelli dell’amministrazione, che va ben oltre la sfera delle vicende giudiziarie che coinvolgono direttamente Totò Cuffaro.
La decisione del Presidente Schifani, pur rappresentando un segnale di rottura, appare insufficiente a fronte di un male così pervasivo.
La commissione parlamentare antimafia, presieduta da Antonello Cracolici, ha il dovere di fornire un’analisi sistemica della situazione, andando oltre la mera descrizione dei singoli episodi di corruzione.
La cronaca giudiziaria ha incessantemente portato alla luce innumerevoli casi di illecito, coinvolgendo centinaia di persone e rivelando una diffusa propensione alla corruzione tra amministratori, funzionari e esponenti politici in settori cruciali come la gestione dei bandi di gara, l’erogazione di servizi sanitari e l’assegnazione di appalti pubblici.
L’espressione “sistema diffuso e articolato di corruzione” non è una mera retorica, ma una constatazione amara supportata da prove concrete.
La percezione diffusa è quella di una regione trasformata in una risorsa illimitata, uno strumento a disposizione di interessi privati.
Questa visione distorta, questo approccio opportunistico, erodono la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e compromettono la capacità della regione di affrontare le sfide economiche e sociali.
L’Assemblea siciliana non può permettersi di rimanere indifferente a una crisi che minaccia la credibilità stessa della regione, la sua capacità di operare in modo trasparente e responsabile nei confronti dei cittadini.
È imperativo che le forze politiche, a partire dal Presidente della Regione, assumano un impegno concreto per contrastare questa cultura dell’illegalità, promuovendo la trasparenza, la legalità e l’etica pubblica.
È necessario un cambio di paradigma, un profondo ripensamento dei modelli di governance e di gestione delle risorse pubbliche.
La costruzione di un consenso autentico, fondato sulla fiducia e sulla partecipazione dei cittadini, è l’unica via per sradicare questa piaga e restituire alla Sicilia la dignità di una regione libera e prospera.
L’accumulo di consenso, sempre più intriso di pratiche illecite, rappresenta una pericolosa deriva che deve essere arginata con urgenza e determinazione.
La necessità di un’azione risolutiva e di un impegno corale non è un’opzione, ma un imperativo categorico.







