Il rapporto “Senza respiro” di Antigone proietta una luce cruda e ineludibile sulla crisi che affligge il sistema penitenziario umbro, una fotografia che l’avvocato Giuseppe Caforio, Garante dei detenuti in Umbria, definisce “drammaticamente veritiera”. La situazione del carcere di Terni, epicentro di un disagio più ampio che coinvolge le strutture di Perugia, Spoleto e Orvieto, non è un caso isolato ma riflette una problematica sistemica che sta mettendo a dura prova le risorse e le capacità di risposta dell’apparato giudiziario regionale.La criticità non si esaurisce nel mero sovraffollamento, un problema ormai cronico e dilagante a livello nazionale, ma si complica con la progressiva alterazione della popolazione detenuta. L’incremento significativo di soggetti con problematiche psichiatriche e di individui affetti da dipendenze, in particolare a Perugia, introduce elementi di estrema delicatezza e complessità gestionale che richiedono un approccio specialistico e risorse dedicate. Questo cambiamento demografico, lungi dall’essere un elemento transitorio, sembra aver consolidato una tendenza preoccupante, esacerbando le già precarie condizioni di vita all’interno delle carceri.L’avvocato Caforio sottolinea come l’incremento dei trasferimenti di detenuti provenienti dalla Toscana, fenomeno particolarmente accentuato negli ultimi mesi, abbia contribuito in maniera determinante al peggioramento della situazione. Questi trasferimenti, spesso connotati da una popolazione detenuta più problematica e più difficile da gestire, hanno sovraccaricato le strutture umbre, spingendo al limite la capacità di risposta del personale penitenziario e compromettendo la sicurezza e il benessere dei detenuti stessi.L’auspicio primario è ora rivolto all’immediata attivazione del Provveditorato, competente per le regioni Umbria e Marche, un’istituzione che potrebbe fungere da argine al flusso di detenuti provenienti dalla Toscana. L’obiettivo non è solo contenere i trasferimenti, ma anche, idealmente, eliminarli del tutto, restituendo alle carceri regionali un equilibrio più sostenibile tra densità detentiva e tipologia di popolazione.Caforio pone l’accento su un aspetto cruciale, troppo spesso trascurato: la necessità di “qualificare” i detenuti, andando oltre la mera quantificazione. Ogni individuo rinchiuso in una cella rappresenta una storia, un insieme di fragilità e potenzialità che richiedono un’attenzione mirata. La gestione di un detenuto complesso, affetto da disturbi psichiatrici o dipendenze, può richiedere uno sforzo di risorse umane e di energia emotiva equivalente a quello necessario per gestire cinque detenuti considerati “normali”. In tal senso, l’efficacia del sistema penitenziario non si misurerà solo in termini di numero di detenuti, ma anche nella sua capacità di offrire un percorso di reinserimento sociale e di riabilitazione, un diritto costituzionale che oggi appare sempre più compromesso.
Carceri umbre: rapporto Senza respiro svela una crisi profonda
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