domenica 17 Agosto 2025
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Crisi carceraria in Umbria: sovraffollamento e diritti a rischio.

L’Umbria, come molte regioni italiane, si trova ad affrontare una crisi sistemica nel suo sistema penitenziario, un’emergenza che si è acuita durante i giorni festivi, rivelando fragilità strutturali e carenze di risorse che mettono a rischio la sicurezza e la dignità dei detenuti, nonché la tenuta operativa delle istituzioni.
La situazione, descritta con lucidità dal Garante regionale dei detenuti, l’avvocato Giuseppe Caforio, non si limita a un episodio passeggero, ma riflette un quadro di sovraffollamento cronico e una gestione improntata all’emergenza.

Il Ferragosto, tradizionalmente un momento di tregua, è stato segnato da una tensione palpabile nelle carceri umbre, mitigata solo dall’assenza di violenze, risultato di uno sforzo encomiabile da parte del personale della polizia penitenziaria, un corpo che opera al limite delle proprie capacità, spesso in condizioni insostenibili.

Tuttavia, l’assenza di fatti gravi non deve anestetizzare la consapevolezza della gravità della situazione, come denunciato dai detenuti stessi, che lamentano condizioni di vita degradanti e la necessità urgente di interventi mirati sia sul piano logistico che sanitario.
Un elemento critico è rappresentato dall’ingente flusso di detenuti psichiatrici provenienti dalla Toscana, un afflusso che ha ulteriormente aggravato la pressione sulle strutture umbre.
Solo il carcere di Terni ha accolto 170 nuovi arrivi in un breve lasso di tempo, un dato che evidenzia una gestione disomogenea a livello regionale e una mancanza di coordinamento tra le diverse realtà istituzionali.
L’impossibilità di garantire il rispetto delle norme fondamentali di igiene e sicurezza, con un aumento massiccio dei posti letto per cella – in alcuni casi fino a sei detenuti in spazi concepiti per due – è una violazione dei diritti umani e un fattore di rischio per la sicurezza degli stessi detenuti e del personale penitenziario.

L’auspicata realizzazione di una Residenza per l’Accoglienza e il Trattamento (REMS) in Umbria, approvata a livello nazionale ma ancora inattesa, rappresenta un tassello fondamentale per affrontare la questione dei detenuti con problematiche psichiatriche, decongestionando il sistema carcerario e garantendo un’assistenza adeguata.

La situazione italiana nel suo complesso, con l’inquietante serie di suicidi verificatisi tra Ferragosto e il giorno successivo, richiede una riflessione profonda e un cambio di paradigma nell’approccio alla giustizia penale.

Pur nella drammaticità del contesto, l’assenza di episodi violenti nelle carceri umbre testimonia l’impegno e la professionalità del personale penitenziario, ma non deve celare la necessità di interventi strutturali e immediati.

La richiesta di una madre ternina, che denuncia la pericolosità sociale riconosciuta alla figlia detenuta ma liberamente ristretta, solleva interrogativi cruciali sull’efficacia del sistema di giustizia e sulla necessità di un approccio più umano e riabilitativo.

Il ritardo nell’attivazione del provveditorato regionale, con la conseguente mancanza di una figura chiave in grado di dare attuazione alle decisioni governative, è un ulteriore elemento di criticità che contribuisce ad acuire la crisi.
L’Umbria, come microcosmo di un problema nazionale, esige risposte concrete e tempestive per garantire il rispetto della dignità umana e la sicurezza di tutti.

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