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Dieci anni dopo: la lenta rinascita dei borghi terremotati.

Il 24 agosto 2016, un evento catastrofico scosse profondamente il cuore del Centro Italia, lasciando un solco indelebile nel paesaggio e nella memoria collettiva.

Amatrice, Accumoli e un mosaico di piccoli borghi tra Lazio, Marche e Umbria furono investiti da una prima, devastante scossa, preludio a una serie di eventi sismici che avrebbero segnato un’intera regione.

San Pellegrino di Norcia, frazione a pochi chilometri dal capoluogo umbro, subì perdite incommensurabili, un colpo al suo tessuto sociale e alla sua identità radicata in secoli di storia.
La visita del Papa Francesco, che scelse proprio San Pellegrino dopo Amatrice e Accumoli per offrire conforto e vicinanza, rappresentò un momento di speranza in un contesto di profonda sofferenza.
A quasi un decennio di distanza, il processo di ricostruzione in Umbria si rivela un quadro complesso, caratterizzato da una dicotomia che riflette le sfide intrinseche alla ripresa post-sisma.

Mentre centri principali come Norcia e Cascia mostrano progressi tangibili, con il recupero di edifici storici e l’avvio di nuove attività economiche, le frazioni e i piccoli borghi, come San Pellegrino, si trovano ancora a lottare con ritardi e ostacoli.
Il sindaco di San Benedetto, Giuliano Boccanera, offre una disamina puntuale delle dinamiche in atto.
“A San Pellegrino”, spiega, “ci troviamo nella fase di avvio degli interventi.

Abbiamo presentato 11 aggregati su 42, un numero ancora insufficiente per una ripartenza completa.
” Le difficoltà, spesso insormontabili, sono riconducibili a problematiche legate alla frammentazione della proprietà, alla complessità delle successioni ereditarie e alla presenza di immobili gravati da diritti di uso civico, questioni che, seppur affrontate con rinnovato impegno, rallentano il processo.

La frazione, uno dei luoghi più simbolici del disastro, incarna la difficoltà di conciliare la necessità di ricostruire rapidamente con il rispetto delle normative e la tutela del patrimonio storico-culturale.

La ricostruzione di Norcia, capoluogo, procede invece a ritmi più sostenuti.
La piazza principale, il corso e gran parte del centro storico, racchiuso dalle mura, sono in fase di rifinitura, con l’obiettivo di completare il recupero in un paio d’anni, escludendo alcune strutture religiose.

Il sindaco sottolinea l’impegno profuso nella ricostruzione privata e la presenza di numerosi cantieri attivi nelle frazioni circostanti, con la previsione di concludere il 90% dei lavori entro 5-6 anni.
Un’attenzione particolare è rivolta a Castelluccio di Norcia, icona del sisma e simbolo di resilienza.

Il progetto di realizzazione di una piastra antisismica, che sorreggerà le nuove abitazioni, rappresenta un investimento significativo per garantire la sicurezza futura della comunità.
L’approvazione esecutiva ed economica dei lavori e la data prevista per il 2028, anno in cui le prime famiglie potranno tornare a vivere in sicurezza, testimoniano la volontà di superare le ferite del passato e costruire un futuro più solido.

Il ricordo di quella notte fatidica, tuttavia, rimane impresso nella mente del sindaco.

“Arrivai alle prime luci a San Pellegrino e vidi gli abitanti fuggire con le poche cose che avevano”, racconta con la voce rotta dall’emozione.
“Quelle immagini non le dimenticherò mai”.

Un monito costante, un impegno rinnovato per onorare la memoria di chi ha perso tutto e per costruire un futuro in cui la sicurezza e la resilienza siano i pilastri fondamentali della comunità.

La ricostruzione non è solo un lavoro di mattoni e cemento, ma un atto di fede nella capacità umana di superare le avversità e di ricostruire un futuro di speranza e di rinascita.

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