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venerdì 21 Novembre 2025

Due anni dopo Giulia: il femminicidio, un monito per il futuro.

Due anni dal femminicidio di Giulia Cecchettin ci interrogano profondamente sul tessuto sociale che ci sostiene e, troppo spesso, ci tradisce.
La tragedia, che strappò Giulia alla vita con una brutalità inaudita, non è un evento isolato, ma il tragico epilogo di un percorso di violenza latente, di segnali ignorati, di una cultura tossica che confonde affetto e controllo, possesso e amore.
Come ha giustamente sottolineato Sarah Bistocchi, presidente dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, e referente per le pari opportunità, non possiamo limitarci a commemorare Giulia, ma dobbiamo trasformare il suo ricordo in un catalizzatore per un cambiamento radicale.

La vicenda di Giulia, inizialmente avvolta nel mistero della sua scomparsa, ha svelato una realtà dolorosa: quella di una relazione caratterizzata da comportamenti ossessivi e manipolativi, che hanno portato ad un atto di violenza irreparabile.
Il dolore di Gino Cecchettin, padre di Giulia, testimonia una dignità e una visione encomiabile, la scelta di orientare l’impegno verso iniziative costruttive, abbandonando la ricerca di una punizione più severa, è un atto di speranza e un invito a una riflessione collettiva.
La statistica, impietosa, rivela che una donna perde la vita ogni tre giorni per mano di chi dovrebbe amarla e proteggerla.
Questa cifra non è un dato astratto, ma un monito costante sulla fragilità che ancora affligge le donne e sulla necessità di un intervento culturale urgente.

L’etichetta di “delitto passionale”, ancora utilizzata per attenuare la gravità di questi crimini, è un’inaccettabile semplificazione che banalizza la violenza e ne oscura le radici profonde.

La passione, nella sua forma più matura e rispettosa, si esprime attraverso la cura, la tenerezza e l’accettazione reciproca, non attraverso la sopraffazione e la distruzione.
È imperativo un cambio di rotta, un’inversione di marcia che coinvolga tutte le istituzioni e, soprattutto, chi ha la responsabilità di rappresentare la collettività.
Non possiamo permetterci timori o pregiudizi nell’affrontare temi delicati come l’educazione al rispetto, alla sessualità e all’affettività.

Questi valori non devono essere visti come elementi divisivi, ma come fondamenti essenziali per la costruzione di una società civile, equa e inclusiva.
L’educazione, fin dalla prima infanzia, deve promuovere l’intelligenza emotiva, l’empatia e la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni in modo sano.

È necessario decostruire gli stereotipi di genere, promuovere modelli positivi di mascolinità e femminilità e insegnare ai giovani a costruire relazioni basate sul rispetto reciproco, sulla parità e sull’autonomia.

La prevenzione, l’ascolto attivo, la sensibilizzazione e il sostegno alle vittime sono elementi cruciali per interrompere il ciclo della violenza.
Il ricordo di Giulia Cecchettin ci spinge a impegnarci con rinnovato vigore per un futuro in cui nessuna donna debba più temere per la propria vita.

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