L’inchiesta della Procura di Perugia ha portato all’arresto di un giovane residente in provincia, accusato di addestramento autodidatta finalizzato a comportamenti terroristici, con possibili ripercussioni anche a livello internazionale. L’indagine, tuttora in corso, ha rivelato una radicalizzazione online che lo ha avvicinato a ideologie estreme, in particolare a gruppi di suprematisti bianchi e a contesti ispirati al jihadismo, apparentemente parallelamente e in maniera non esclusiva.La pericolosità del caso risiede nella capacità di radicalizzazione esercitata da ambienti virtuali, dove il giovane ha trovato terreno fertile per l’assimilazione di teorie complottiste e narrazioni violente. L’analisi dei dispositivi sequestrati ha permesso di ricostruire un percorso di indottrinamento, segnato dalla frequentazione di siti web e forum di estrema destra, piattaforme di propaganda jihadista e la condivisione di contenuti che esaltano l’azione violenta.Nonostante la mancanza di una rete di contatti fisici consolidata nel territorio locale, emerge un’ampia rete di relazioni virtuali, che suggerisce un coinvolgimento in comunità online dedicate alla diffusione di ideologie estremiste. L’assenza di legami sociali concreti, unita all’esposizione prolungata a contenuti radicali, ha contribuito a creare un clima di isolamento e a favorire l’adozione di una visione del mondo distorta e aggressiva.Tra le prove raccolte, figurano anche manifestazioni di ostilità e incoraggiamento verso azioni violente dirette contro esponenti e sedi della Confederazione Generale del Lavoro (CGIL). Questo elemento, particolarmente grave, indica un’evoluzione verso un’intenzione concreta di commettere atti di violenza motivati da ideologie politiche e sociali.L’indagine solleva interrogativi cruciali sulla crescente diffusione di ambienti di radicalizzazione online, sulla capacità di questi a influenzare individui vulnerabili e sulla necessità di sviluppare strategie efficaci per contrastare la propaganda estremista e prevenire il terrorismo. Il caso evidenzia, inoltre, la complessità di un fenomeno che non si limita a contesti specifici, ma che può intersecare diverse ideologie, come dimostra l’apparente interesse del giovane sia per il suprematismo bianco che per il jihadismo, un binario ideologico pericoloso e inesplorato che merita particolare attenzione da parte degli investigatori e degli esperti di sicurezza nazionale. La mancanza di precedenti penali del giovane non diminuisce la gravità delle accuse e sottolinea la necessità di un approccio multidisciplinare che coinvolga psicologi, educatori e forze dell’ordine per comprendere le dinamiche che portano alla radicalizzazione e per offrire percorsi di recupero e reinserimento sociale.