Il carcere di Terni, come molti altri istituti penali in Italia, si trova a fronteggiare una crisi di sovraffollamento che ne compromette gravemente la funzionalità e l’umanità del sistema detentivo. I dati forniti dall’associazione Antigone nel loro rapporto “Senza respiro” dipingono un quadro allarmante: il tasso di occupazione a Terni supera il 140%, un dato che lo colloca tra gli istituti più congestionati del Paese, condividendo questa drammatica situazione con altre realtà come Verona, Roma Regina Coeli e Venezia. Questo livello di affollamento non è un’anomalia isolata, ma il sintomo di un problema strutturale che affligge il sistema penitenziario nazionale.La conseguenze dirette di questa sovrappopolazione carceraria sono devastanti. L’aumento della densità detentiva esacerba le tensioni interpersonali, incrementa il rischio di violenza, sia tra i detenuti che verso il personale di custodia, e rende quasi impossibile l’attuazione di programmi rieducativi e di assistenza psicologica. Il rapporto Antigone sottolinea come questi istituti, caratterizzati da un elevato grado di affollamento, siano anche teatro di un aumento preoccupante di atti di autolesionismo, un campanello d’allarme che segnala una profonda sofferenza psicologica e una perdita di speranza tra i detenuti.Il tragico bilancio dei suicidi in cella, con tre casi registrati a Terni tra il 2024 e il 2025, è un’ulteriore conferma della gravità della situazione. Questi dati, purtroppo, sono condivisi con altri istituti come Firenze Sollicciano, Modena e Torino, e culminano in numeri ancora più drammatici nelle case circondariali di Napoli Poggioreale e Verona, dove si sono verificati sei suicidi nello stesso periodo. L’associazione Antigone, nel suo lavoro di analisi, evidenzia come questi eventi tragici siano spesso correlati a condizioni di detenzione degradanti, all’assenza di supporto psicologico adeguato e alla mancanza di prospettive di reinserimento sociale.Oltre al sovraffollamento e alle conseguenze sulla salute mentale dei detenuti, il rapporto Antigone pone l’attenzione sulla composizione etnica della popolazione carceraria. Il carcere di Perugia Nuovo, in particolare il complesso Capanne, si distingue per la presenza significativa di stranieri, che rappresentano più della metà dei detenuti e delle detenute, attestandosi al 56,1%. Questa situazione solleva interrogativi complessi sull’efficacia delle politiche di immigrazione e sull’integrazione dei detenuti stranieri, e richiede un’analisi approfondita delle cause che portano all’elevato numero di stranieri coinvolti in attività criminali.In definitiva, la situazione dei carceri di Terni e Perugia, così come di molte altre realtà in Italia, è il risultato di una combinazione di fattori strutturali e congiunturali, tra cui una politica penale eccessivamente repressiva, una cronica carenza di risorse dedicate al sistema penitenziario e una scarsa attenzione alle cause profonde della criminalità. Affrontare questa crisi richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga istituzioni, operatori del settore e la società civile, con l’obiettivo di garantire il rispetto dei diritti umani, promuovere la riabilitazione e favorire un reale reinserimento sociale dei detenuti.