mercoledì 15 Ottobre 2025
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Terni, un anziano muore in attesa di un alloggio sociale: l’ennesima vergogna.

La vicenda di un ottantaduenne di Terni, spentosi pochi istanti prima dell’apertura del bando per un alloggio di edilizia residenziale sociale, incarna una tragica e profonda critica al sistema di welfare e alla lentezza burocratica che troppo spesso si scontra con l’urgenza della vita umana.
Matteo Lattanzi, del sindacato Sunia, testimonia l’amara ironia di un’attesa finalmente giunta al termine, ma troppo tardi per il suo protagonista.
L’anziano, insieme alla moglie, versava in condizioni di salute precarie, rese ancora più critiche dall’abitazione inadeguata: un appartamento al terzo piano di un edificio sprovvisto di ascensore, una prigione silenziosa che li confinava in casa, impedendo loro la piena autonomia e la partecipazione alla vita comunitaria.

La richiesta di alloggio, formalizzata otto anni prima, si era concretizzata in una sequenza interminabile di istanze, sollecitazioni e speranze disattese.

Il desiderio di un trasferimento non era motivato solo da un bisogno abitativo, ma rappresentava un anelito a una vita più dignitosa, più libera dai limiti imposti dalla loro condizione fisica.
La disponibilità ad assumersi i costi di ristrutturazione di un appartamento libero, dimostra la loro determinazione nel trovare una soluzione, un’offerta di collaborazione che è rimasta inascoltata.
La questione non assume connotazioni partitiche; si tratta di una problematica strutturale, che ha attraversato diverse amministrazioni nel corso di un decennio, evidenziando un sistema carente nella sua capacità di rispondere ai bisogni primari dei cittadini più vulnerabili.

La vicenda sottolinea con dolorosa chiarezza come il tempo, inesorabile e prezioso, scorra per gli individui, mentre la burocrazia procede a un ritmo distorto, spesso scollegato dalla realtà umana.
Gli anni trascorsi in attesa si sono consumati in una spirale di lettere, sollecitazioni e speranze disattese, a causa di un sistema di graduatorie per l’edilizia residenziale sociale che, lungi dall’essere costantemente aperte, richiedono l’attesa di nuovi bandi, prolungando inutilmente l’agonia dell’attesa.

Questa tragica conclusione non è solo la fine di una speranza individuale, ma un monito per l’intera comunità, un invito a ripensare l’efficienza e l’umanità del sistema di welfare, affinché il tempo non continui a scorrere invano, consumando vite umane in attesa di una risposta.

Un sistema che, altrimenti, rischia di diventare un freddo e inumano perpetuatore di ingiustizie.

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