mercoledì 13 Agosto 2025
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Fo e l’IA creano Pipì, Pupù, Papà: un’opera rivoluzionaria.

Jacopo Fo introduce “Pipì, Pupù, Papà”, un’opera che trascende la semplice canzone pop per abbracciare un’esplorazione artistica inedita, un ibrido tra creatività umana e capacità generative dell’intelligenza artificiale.

Il brano, nato da un’idea di Fo e concretizzato con il contributo fondamentale di Federica Nardi, esperta marchigiana di IA, rappresenta un esperimento audace che interroga i confini della creazione musicale nell’era digitale.

La voce di Fo, nell’atto di raccontare la gioia e la tenerezza della paternità, è stata sottoposta a una metamorfosi digitale, non un semplice effetto sonoro, ma una vera e propria ricostruzione algoritmica che ne esalta le sfumature espressive.
Questa trasformazione vocale è accompagnata da un videoclip altrettanto innovativo, una visione onirica popolata da figure infantili virtuali, create interamente tramite intelligenza artificiale.
La sua genesi ha richiesto un’attenta calibrazione delle istruzioni impartite al software, un processo scrupoloso volto a garantire la massima correttezza e a prevenire qualsiasi interpretazione ambigua o problematicità etica.
La presentazione esclusiva, avvenuta presso la Libera Università di Alcatraz, storica residenza di Fo nelle colline umbre, ha offerto uno sguardo privilegiato sul processo creativo.

Alcatraz, luogo simbolo di un progetto pionieristico che fonde ecologia, arte e cultura condivisa, incarna lo spirito di innovazione che anima l’opera.

Fo, immerso nel paesaggio rurale che lo circonda, ha rivelato come l’idea sia germogliata dall’esperienza della paternità, trasformandosi in una serie di registrazioni iniziali, successivamente elaborate dall’IA per dar vita alla versione finale.

“Pipì, Pupù, Papà” non è semplicemente un prodotto tecnologico, ma una riflessione sull’evoluzione del ruolo paterno nella società contemporanea.
L’intelligenza artificiale, secondo Fo, è uno strumento potente, ma è l’ingegno umano a definire il significato e la direzione del processo creativo.

L’opera si pone come un gioco, certo, ma con un messaggio sotteso: quello di una rivoluzione culturale silenziosa, quella che vede i padri assumere un ruolo attivo nella cura e nell’educazione dei figli, abbattendo stereotipi e ridefinendo i modelli familiari.
È un invito a interrogarsi sul futuro della creatività, un futuro in cui l’uomo e la macchina possono collaborare per esplorare nuove frontiere artistiche e sociali.

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