A distanza di quasi mezzo secolo dal suo debutto, “Risotto”, l’opera teatrale concepita da Amedeo Fago e arricchita dalla sensibilità di Fabrizio Beggiato, riemerge con rinnovato vigore, pronta a riconquistare il pubblico.
L’appuntamento è fissato per gli ultimi due fine settimana di settembre presso il Teatro degli Occhi di Calvi dell’Umbria, un luogo intriso di storia e suggestione, in una coproduzione curata dall’associazione Laura e Morando Morandini e sostenuta dalla Fondazione Carit.
Le rappresentazioni sono programmate per venerdì 19 settembre alle ore 19:00, ripetute sabato 20 e 27 settembre sempre alle 19:00, e concluse domenica 21 e 28 settembre alle 17:30.
Questa ripresa segna un punto di svolta significativo nella storia dello spettacolo.
Per la prima volta, Amedeo Fago, pur mantenendo il ruolo di regia, non si calerà nei panni dei personaggi che aveva tradizionalmente interpretato al fianco di Fabrizio Beggiato.
Questa decisione, profondamente radicata nel desiderio di evoluzione artistica, apre le porte a una nuova stagione per “Risotto”, in cui la figura dei protagonisti, Amedeo e Fabrizio, sarà affidata a due attori diversi, disancorando così l’opera dalla sua impronta autobiografica originale.
L’obiettivo del nuovo allestimento, come spiega lo stesso Fago, è quello di consacrare “Risotto” a vero e proprio “classico” del teatro italiano contemporaneo, elevandolo al di là della sua genesi legata all’esperienza personale.
Si tratta di un’operazione complessa, che mira a estrarre l’opera dalla sua immediatezza iniziale, permettendo al pubblico di apprezzarne le qualità intrinseche, la sua capacità di indagare le dinamiche dell’amicizia, le ambiguità dell’identità e i paradossi della comunicazione, indipendentemente dalla presenza degli autori originari.
La genesi di “Risotto”, risalente al 21 dicembre 1978 al Teatro Politecnico di Roma, affonda le sue radici in un’idea audace: quella di combinare la performance teatrale con l’atto primordiale della preparazione del cibo.
L’immagine di un risotto, piatto complesso e visivamente accattivante, divenne il pretesto per costruire una narrazione che intreccia finzione e realtà, metafora e autobiografia.
Al centro dello spettacolo si cela infatti la storia vera e pluriennale dell’amicizia tra Amedeo Fago e Fabrizio Beggiato, un legame profondo e ricco di sfumature, messo alla prova e rivelato attraverso il linguaggio del teatro.
L’opera, dunque, non è solo una rappresentazione culinaria, ma una riflessione sul rapporto tra arte, vita, identità e memoria, un viaggio introspettivo che si rivela attraverso i sapori e gli aromi di un piatto apparentemente semplice.