La recente interruzione improvvisa della linea ferroviaria che collega Terni a Roma ha esacerbato un problema cronico: l’isolamento infrastrutturale dell’Umbria.
Un disagio vissuto in prima persona da centinaia di pendolari e viaggiatori, costretti a sopportare trasferte su autobus sostitutivi, sovraffollati e privi di posti a sedere, fino al nodo di Orte.
La denuncia, sollevata dall’onorevole Anna Ascani, esponente del Partito Democratico, riprende un articolo del Messaggero e pone l’accento su una frattura sempre più profonda tra le promesse governative e la realtà percepita dai cittadini umbri.
La risposta di Trenitalia, che si trincera dietro la presunta puntualità dei convogli arrivati a Roma, appare scollegata dalla difficile esperienza vissuta sui territori.
Non si tratta di una mera questione di ritardo, ma di un sintomo di una strategia più ampia che penalizza l’Umbria, una regione strategicamente importante ma spesso relegata ai margini delle priorità infrastrutturali nazionali.
L’annuncio di ingenti investimenti in altre aree del Paese, sollevato con enfasi dal Ministro Salvini, amplifica il senso di abbandono e di precarietà che attanaglia l’Umbria, alimentando la percezione di un divario sempre più marcato.
Questa vicenda non è un caso isolato, ma il riflesso di una visione politica che considera la mobilità non un diritto fondamentale da garantire a tutti i cittadini, ma un lusso accessibile a una ristretta cerchia di privilegiati.
La mobilità efficiente e accessibile è un pilastro dello sviluppo economico e sociale di una regione.
Permette la connessione tra centri di produzione e mercati, facilita l’accesso all’istruzione e alla sanità, promuove il turismo e favorisce l’integrazione sociale.
La sua mancanza, come nel caso dell’Umbria, rappresenta un freno alla crescita e un impoverimento del tessuto sociale.
La situazione richiede un cambio di paradigma: un’inversione di rotta che ponga la mobilità sostenibile e capillare al centro delle politiche di sviluppo territoriale.
Ciò implica non solo investimenti mirati al potenziamento delle infrastrutture esistenti, ma anche un ripensamento del modello di trasporto, con l’adozione di soluzioni innovative e intermodali che rispondano alle esigenze specifiche del territorio.
È necessario un patto tra istituzioni, operatori del settore e comunità locali, volto a costruire un sistema di mobilità che sia realmente al servizio dei cittadini e che contribuisca a ridurre le disuguaglianze territoriali.
L’Umbria merita di non essere più un’appendice dimenticata, ma una regione connessa, dinamica e protagonista del futuro del Paese.