lunedì 25 Agosto 2025
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Umbria, spesa familiare in calo: un quadro preoccupante.

L’analisi della spesa familiare in Umbria nel 2023 rivela un quadro complesso e preoccupante, che trascende la semplice comparazione numerica rispetto alle medie nazionali e regionali.
La spesa pro capite umbra, pari a 20.245,6 euro, colloca la regione al di sotto delle performance delle regioni del Centro Italia e significativamente indietro rispetto a Lombardia, Toscana e Lazio, evidenziando un divario strutturale che incide sulla vitalità economica locale.
Tuttavia, l’apparente crescita dell’11% dei consumi tra il 2019 e il 2023 si rivela un’illusione generata dall’inflazione galoppante.
Depurando i dati dall’effetto dei prezzi, emerge una contrazione reale del 4,7%, un dato che posiziona l’Umbria tra le regioni che hanno subito le perdite più severe, superando la media nazionale e confrontabile con le performance del Piemonte e della Toscana.

Questo dato drammatico tradisce un’erosione del potere d’acquisto delle famiglie, quantificata in circa 850 milioni di euro persi in cinque anni, un elemento che incide pesantemente sul tessuto economico regionale, rallentando la ripresa dei settori più sensibili alla domanda interna.

Il divario non è omogeneo all’interno della regione.

La differenza di 2.131 euro annui tra i residenti di Perugia e Terni, in termini di spesa pro capite, riflette una disparità economica profonda.
Questa differenza si traduce anche in dinamiche temporali divergenti, con una ripresa post-pandemica più difficoltosa a Terni, dove il potere d’acquisto delle famiglie si è rivelato più fragile e la capacità di assorbire lo shock inflattivo meno robusta.
La composizione stessa dei consumi offre ulteriori spunti di riflessione.
L’incidenza della spesa alimentare, pari al 19,1% del totale, supera la media nazionale e regionale, un dato che testimonia una maggiore rigidità nel paniere di spesa e una minore propensione a ridurre le voci considerate essenziali.

A Terni, questa incidenza si fa ancora più evidente, segno di una maggiore difficoltà a sostenere un livello di spesa complessiva paragonabile a quella di altre aree.
La capacità di spendere per beni voluttuari, esperienze e servizi di qualità – indicatori di una maggiore prosperità e benessere – è quindi significativamente ridotta, limitando le opportunità di crescita e diversificazione economica.
L’andamento dei consumi familiari, in controtendenza rispetto al quadro macroeconomico nazionale che mostra una ripresa del PIL, rivela una disconnessione tra i numeri aggregati e la realtà vissuta dalle famiglie umbre.

Mentre il valore nominale dei consumi è aumentato, il volume reale di beni e servizi acquistati è diminuito, evidenziando una situazione di precarietà e una crescente difficoltà a sostenere il costo della vita.

In questo contesto, l’Umbria si trova in una posizione intermedia, al confine tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Mezzogiorno, un’intermediazione fragile e potenzialmente transitoria.
Il rischio di una deriva meridionale è concreto e richiede interventi mirati e strutturali per invertire la tendenza.
Come sottolinea Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, i consumi delle famiglie sono il termometro dell’economia reale.
La debolezza strutturale sul fronte della produttività rappresenta il nodo cruciale da sciogliere.

Un rilancio della capacità di generare valore aggiunto, attraverso investimenti mirati, formazione, digitalizzazione e supporto alle imprese più dinamiche, è fondamentale per riaccendere il motore economico e migliorare il tenore di vita delle famiglie umbre.

Il potenziale umano e territoriale esiste, ma l’urgenza di agire è innegabile per evitare un ulteriore deterioramento della situazione e garantire un futuro prospero per la regione.

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