25 novembre: Oltre il femminicidio, un’emergenza sociale da affrontare

La Giornata del 25 novembre, dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne, non può essere ridotta a una mera cronaca di femminicidi.

È un monito, un appello alla responsabilità collettiva per affrontare un’emergenza sociale radicata e persistente, che incide profondamente sulla nostra nazione.

Come evidenziato dalla Presidente dell’Assemblea Legislativa dell’Umbria, Sarah Bistocchi, la vera sfida risiede nella capacità di promuovere un cambiamento culturale duraturo, a partire dalle fondamenta dell’educazione e con un’analisi critica delle strutture istituzionali che ancora perpetuano disuguaglianze.

I dati sono eloquenti e sconfortanti: un numero crescente di femminicidi, unita a una pericolosa tolleranza che alimenta la violenza.
Ma la questione non si esaurisce in questa tragica manifestazione.

L’Italia si posiziona tristemente al fondo della classifica europea per quanto riguarda il gender gap lavorativo, un indicatore che riflette un divario profondo e complesso.
Il dato secondo cui, in molte aree del Paese, solo una donna su tre in età lavorativa è impiegata, o che la media nazionale veda una sola donna su due attiva, è un campanello d’allarme che rivela come la precarietà economica, la mancanza di opportunità e la disparità salariale siano terreno fertile per la violenza di genere.
La dipendenza economica è un vincolo potente, che spesso impedisce alle donne di denunciare abusi e maltrattamenti.
La libertà, la sicurezza e la possibilità di sottrarsi a relazioni tossiche sono intrinsecamente legate alla capacità di raggiungere l’autonomia finanziaria e l’indipendenza.

Questo aspetto cruciale deve essere al centro di ogni strategia di prevenzione e di sostegno alle vittime.
È fondamentale superare la visione distorta che associa la violenza di genere a specifici gruppi sociali, fasce d’età o contesti geografici.

Si tratta di un fenomeno culturale che permea la società nel suo complesso, un retaggio di stereotipi e pregiudizi che alimentano comportamenti violenti e discriminatori.
La scuola, in particolare, assume un ruolo strategico: deve essere un luogo di formazione alla parità, al rispetto reciproco e alla decostruzione di modelli tossici.
Per invertire la rotta, è imprescindibile un investimento massiccio in servizi di supporto alle vittime, in programmi di prevenzione e sensibilizzazione, e in politiche di welfare che promuovano l’autonomia femminile.

Questo richiede un approccio integrato che coinvolga istituzioni, organizzazioni del terzo settore, e la cittadinanza attiva.
L’impegno, come sottolinea la Presidente Bistocchi, si estende al coordinamento a livello regionale e nazionale, con l’obiettivo di promuovere politiche di pari opportunità e di rappresentanza di genere efficaci e concrete, capaci di tradurre gli impegni in azioni tangibili e durature.

La lotta alla violenza contro le donne non è una battaglia a breve termine, ma un percorso di trasformazione culturale che richiede impegno, perseveranza e una visione condivisa di una società più giusta e inclusiva.

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