Quarantacinque anni.
Un numero che, da solo, non esprime la portata di ciò che il 2 agosto 1980 sconvolse l’Italia, trasformando la stazione centrale di Bologna in un teatro di orrore.
La Strage di Bologna, più che un atto terroristico, fu un ricatto al Paese, una ferita aperta nel tessuto civile che ancora oggi, grazie alla recente conferma della matrice fascista con la condanna di Paolo Bellini, ci costringe a un’analisi lucida e impietosa.
Ricordare Sergio Secci, l’umbro caduto in quella carneficina, significa onorare la memoria di tutte le 85 vittime, vite spezzate in un istante, sogni infranti, famiglie distrutte.
Sergio, giovane laureato al Dams di Bologna, animato da una passione per il teatro, si trovava in viaggio verso Bolzano, una coincidenza fatale, un ritardo che lo mantenne prigioniero in quella sala d’aspetto dove la bomba, con la sua violenza devastante, cancellò per sempre la sua esistenza.
La Strage di Bologna rappresenta il culmine di un periodo storico segnato da tensioni politiche, violenza ideologica e un clima di paura che avvelenava l’aria.
Fu l’attentato più grave commesso in Italia nel secondo dopoguerra, un atto che non colpì solamente Bologna, ma l’intera nazione, smascherando le radici profonde e le ramificazioni di una mentalità ancora intrisa di elementi autoritari e neofascisti.
La Regione Umbria, come istituzione e come comunità, si stringe a Bologna e alle famiglie delle vittime, perché la violenza gratuita e indiscriminata non conosce confini geografici.
Essa investe l’intera collettività, erodendo i valori fondamentali di libertà, democrazia e rispetto.
Il passato, con i suoi processi, le sue verità processuali e le sue dolorose rivelazioni, ha già sancito la sconfitta del regime sanguinario e oppressivo.
Tuttavia, la vigilanza non può mai essere disarmata.
Il presente e il futuro dipendono dalla nostra capacità di mantenere alta l’attenzione, di contrastare ogni forma di estremismo e di educare le nuove generazioni ai principi di tolleranza, dialogo e giustizia.
La memoria della Strage di Bologna non deve essere un mero esercizio di commemorazione, ma uno stimolo costante all’azione, un impegno a costruire un’Italia più giusta, più libera e più umana, dove la paura e il terrorismo non abbiano più spazio.
Solo così potremo onorare degnamente la memoria di Sergio Secci e di tutte le vittime, e consegnare definitivamente il fascismo alla storia, non come un capitolo chiuso, ma come un monito per il futuro.
La responsabilità è di tutti, in ogni gesto quotidiano, nella scelta politica, nell’impegno civile.