Il racconto, quando si fa testimonianza vissuta, può rivelarsi un catalizzatore inatteso di consapevolezza politica, un prisma che scompone la luce della storia in schegge di verità.
Questo è il presupposto che ha guidato la stesura di una biografia che ambisce a essere più di un semplice resoconto esistenziale: un affresco delle contraddizioni e delle speranze che hanno plasmato l’Italia recente.
Il libro non si limita a narrare un percorso personale, ma si propone di intrecciarlo con le vicende di un Paese in profonda trasformazione.
Gli anni Settanta emergono come un periodo cruciale, segnato dalla violenza politica e dalla fervente passione popolare, incarnata anche dall’esperienza, intensa e a tratti estrema, dell’attivismo ultras calcistico.
La Prima Repubblica, con le sue fragilità e le sue promesse, diventa uno scenario in cui ricostruire dinamiche complesse, svelando retroscena inediti e analizzando le dinamiche di potere che hanno contribuito alla sua dissoluzione, come ad esempio il rapporto, apparentemente conflittuale, tra Prodi e Bertinotti.
Ma il racconto non si arresta al passato.
Si confronta con il presente, interrogandosi sul mutamento radicale del tessuto sociale e culturale.
La periferia, un tempo cuore pulsante di identità popolare e di rivendicazioni sociali, appare oggi ridotta a una scenografia artificiale, un palcoscenico per la rappresentazione di posizioni progressiste ormai distanti dalla realtà del popolo che pretendono di interpretare.
È in questo contesto che emerge la necessità di un’analisi critica e spregiudicata, che sappia scardinare le narrazioni convenzionali e restituire voce a chi è stato messo a tacere.
L’iniziativa di presentazione del libro, articolata in due tappe umbre, si configura come un’occasione per approfondire i temi centrali del racconto.
A Gubbio, moderato da Giuseppe Gasparri, e a Castel Ritaldi, con Riccardo Gradassi a guidare la discussione, l’autore si propone di offrire un linguaggio diretto e una narrazione senza filtri, capace di scavare a fondo nelle dinamiche politiche del passato e di illuminare le sfide del presente.
Un obiettivo primario che emerge chiaramente è la necessità di superare le divisioni che, per decenni, hanno lacerato il tessuto sociale italiano.
La frattura tra il ceto medio produttivo – artigiani, commercianti, partite IVA – e le classi lavoratrici, impiegati e operai, appare oggi come un ostacolo insormontabile, un freno allo sviluppo del Paese.
È imperativo, dunque, creare un’alleanza strategica tra queste due componenti, un fronte comune contro un nemico comune: la finanza speculativa, il capitale globale e una struttura di potere sovranazionale come l’Unione Europea, percepita come espressione di interessi estranei alla nazione.
La visione geopolitica che emerge è quella di un’Italia capace di riaffermare la propria autonomia, uscendo dalle logiche vincolanti della NATO e assumendo un ruolo attivo in un mondo multipolare.
Questa autonomia implicherebbe una politica estera pragmatica, basata sul dialogo e sulla cooperazione con tutte le potenze globali, dagli Stati Uniti alla Russia, dalla Cina all’India, dal Brasile all’Argentina, senza rinnegare i legami con i Paesi europei.
L’obiettivo ultimo è garantire la sicurezza energetica del Paese a costi accessibili, preservando al contempo la sua identità culturale e la sua sovranità nazionale.
Un percorso audace, che richiede coraggio, visione e una profonda consapevolezza del ruolo che l’Italia può e deve giocare nel panorama internazionale.






