La scomparsa di Laura Santi lascia un vuoto in Umbria, ma soprattutto apre una ferita che, se curata con coraggio e verità, potrebbe illuminare il cammino di un Paese ancora troppo incline a eludere questioni esistenziali fondamentali.
Come ha sottolineato il vicepresidente della Regione, Tommaso Bori, Laura non ha avuto voce in capitolo sulla propria esistenza, ma ha esercitato una scelta di profonda risonanza etica: quella di affrontare il proprio destino con consapevolezza e dignità.
La sua decisione, intima e profondamente personale, trascende la sfera privata per assumere una valenza politica di primaria importanza.
Non si tratta di una mera scelta individuale, ma di un monito lanciato a un sistema politico che, troppo spesso, si trincera dietro ambiguità e silenzi complici, evitando di confrontarsi con il diritto inalienabile di ogni individuo a disporre del proprio corpo e della propria esistenza, specialmente quando quest’ultima è segnata da sofferenza e irreversibilità.
La vicenda di Laura Santi mette a nudo una contraddizione inaccettabile: in un’epoca in cui il progresso scientifico e tecnologico hanno ampliato le nostre capacità di intervento sulla vita, la legislazione italiana rimane indietro, intrappolata in un labirinto di interpretazioni restrittive e vuoti normativi.
La libertà di scelta, pilastro di una società democratica, si rivela fragile, appesa a sentenze ambigue e cavilli burocratici.
La Corte Costituzionale, con la sua autorevolezza, ha ripetutamente sollecitato il Parlamento ad adempiere al proprio dovere: fornire una cornice giuridica chiara e giusta, che tuteli la dignità umana e rispetti le diverse sensibilità, senza precludere la possibilità di scelte consapevoli e assistite.
Il procrastinare, il rimandare, sono diventati un atto di irresponsabilità verso i cittadini.
La scomparsa di Laura non può rimanere un lutto silenzioso.
È un’urgenza morale trasformare questo dolore in azione concreta, in una legge che non imponga modelli, ma garantisca il diritto all’autodeterminazione fino all’ultimo istante, con la consapevolezza che la sofferenza può essere alleggerita e la dignità preservata.
È un dovere di civiltà.
Laura ci lascia un’Umbria e, potenzialmente, un’Italia più umane, capaci di riconoscere che la centralità della persona e del suo benessere, anche nella fase terminale della vita, debba prevalere su pregiudizi e inerzie ideologiche.
Il nostro impegno, adesso, è onorare la sua memoria trasformando questa battaglia in un atto di coraggio legislativo, un faro di speranza per chi si trova ad affrontare simili scelte difficili.
Un lascito che trascenda il dolore e illumini il futuro.