L’azione che intraprendiamo, in veste di sindaca e come delegata nazionale alla pace, affiancando il Presidente Manfredi, si configura come un’ambiziosa architettura di diplomazia partecipata, un approccio che affonda le sue radici nel tessuto sociale e territoriale.
Non si tratta di un mero aggregato di relazioni formali, bensì di un organismo dinamico, un intreccio vitale tra enti locali, associazioni civiche, istituzioni scolastiche e, soprattutto, cittadini, individui che rifiutano l’accettazione passiva della guerra.
Questo è stato ribadito durante l’assemblea del Coordinamento nazionale degli enti locali a Perugia.
L’impulso propulsivo di questo impegno proviene in modo particolare dai giovani.
Hanno dimostrato una capacità sorprendente di trascendere i confini dell’individualismo, un retaggio culturale che li aveva finora caratterizzati, restituendoci un’energia politica genuina, una linfa vitale per il rinnovamento del nostro agire.
La loro presa di posizione, la loro partecipazione attiva nella denuncia delle ingiustizie, richiedono non solo riconoscimento, ma anche un solido sostegno istituzionale.
La partecipazione autentica necessita di ascolto attivo, di accompagnamento politico, al di là di generiche celebrazioni.
La mobilitazione non si limiterà a studenti e famiglie; la “Repubblica dei Comuni” e delle istituzioni locali dovrà esserne parte integrante, un fronte compatto.
Dobbiamo interiorizzare con lucidità che la sfida è di portata pluriennale, che si estende ben oltre una singola giornata.
Il nostro pianeta è lacerato da innumerevoli conflitti aperti, e non possiamo permettere che la guerra diventi una condizione endemica, un dato di fatto ineluttabile.
Come ricordava Pier Paolo Pasolini, i sognatori sono i veri realisti.
Oggi, sognare la pace non è un atto ingenuo, ma un imperativo politico, un atto di coraggio.
La costruzione della pace non può essere delegata a élite ristrette; è un processo che richiede la partecipazione attiva, la responsabilità condivisa e la resilienza delle comunità locali.
Per questo abbiamo scelto una marcia, un atto di mobilitazione popolare, anziché un mero convegno.
Come affermava Carlo Levi, il camminare insieme ha il potere di risvegliare coscienze, di far progredire le idee e di dare forma tangibile a un impegno comune.
La marcia è un atto pubblico, inclusivo, capace di superare le divisioni, creare legami e trasformare la pace da un ideale astratto a una pratica quotidiana.
La nostra voce istituzionale si inserirà in questo movimento popolare, non lo sovrasterà.
La diplomazia che germoglia dai territori possiede il potenziale per generare cambiamenti significativi, per dialogare con i decisori politici e per offrire un’alternativa concreta alla rassegnazione.
Saremo presenti, come Comuni, come amministratori e amministratrici, come cittadini e cittadine della Repubblica, per coltivare e rafforzare questa rete di impegno e speranza.
Si tratta di un progetto di cittadinanza attiva, un atto di fede nel futuro e nella capacità dell’umanità di costruire un mondo più giusto e pacifico.