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Riforma Garanti regionali: rischi per la tutela dei diritti e la trasparenza.

La recente revisione legislativa che interessa la figura dei Garanti regionali solleva interrogativi profondi sulla qualità della pianificazione normativa e sulle reali intenzioni che la guidano.
Un esame attento della nuova formulazione legislativa, come evidenziato dai consiglieri regionali Andrea Romizi e Francesca Peppucci, rivela una problematicità intrinseca: una norma affrettata, apparentemente funzionale a semplificare processi di nomina, ma che cela potenzialmente una gestione opaca degli incarichi.

Il caso emblematico è quello del Garante regionale per la disabilità, istituto con una visione pluriennale dalla precedente amministrazione di centrodestra, il cui mandato, formalmente esteso fino al 2027, rischia di essere interrotto prematuramente dall’attuale governo di centrosinistra.

Questa manovra legislativa, presentata come un atto di razionalizzazione, appare invece sospetta: la fretta nel modificare la normativa suggerisce un’urgenza non dettata da reali necessità di riforma, ma piuttosto da un’opportunità per accelerare la sostituzione di una figura istituzionale, potenzialmente ostativa agli interessi politici del momento.
La decisione di uniformare le procedure e le tempistiche di tutti i Garanti, in maniera superficiale e senza una reale analisi delle specificità di ciascuno, ne compromette la capacità di perseguire le finalità originarie.

I Garanti, infatti, non sono figure intercambiabili; il loro ruolo richiede competenze specifiche e un impegno a lungo termine per comprendere le complesse dinamiche che influenzano la tutela dei diritti delle categorie più vulnerabili.

Uniformare le procedure significa svilire questo impegno, riducendo la capacità dei Garanti di rispondere in modo efficace alle esigenze del territorio.

Questa revisione legislativa, anziché rafforzare la tutela dei diritti, rischia di generare un vuoto di competenze e di compromettere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

In un contesto sociale sempre più complesso e articolato, la difesa dei diritti delle persone in situazione di fragilità richiede un investimento costante in risorse umane e finanziarie, nonché un rafforzamento delle funzioni di controllo e di monitoraggio.

Invece di perseguire questi obiettivi, la nuova normativa sembra orientata a restringere l’ambito di intervento e a comprimere i tempi, sacrificando l’efficacia a favore di una rapidità apparente.
L’accusa implicita è chiara: la tutela delle persone vulnerabili non deve essere relegata a un mero strumento per la distribuzione di incarichi politici, ma deve costituire un principio fondante dell’azione amministrativa.
I consiglieri Romizi e Peppucci, con un appello alla trasparenza e alla responsabilità, si riservano di seguire attentamente l’evolversi della situazione nelle commissioni consiliari, auspicando che prevalgano il rispetto delle istituzioni e l’interesse dei cittadini, soprattutto di coloro che si trovano in condizioni di fragilità, a fronte di logiche di partito.

È un monito a vigilare, affinché la politica non prevalga sulla giustizia e la difesa dei diritti.

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