La crescente preoccupazione per l’impatto dei social media sulla salute mentale e lo sviluppo dei giovani sta alimentando un dibattito globale, che trova un’eco significativa in Italia.
Stefano Bandecchi, sindaco di Terni e figura di spicco nel panorama dell’istruzione online con Unicusano, si pone come sostenitore di un intervento normativo radicale, prendendo spunto dall’iniziativa australiana di vietare l’accesso ai social media per i minori di 16 anni.
Bandecchi propone un’analogia legislativa in Italia, abbassando il limite a 15 anni, un provvedimento che, a suo avviso, necessita di essere accompagnato da una profonda revisione del sistema educativo e familiare.
La sua proposta non si limita a una semplice restrizione d’età.
Bandecchi sottolinea l’urgente necessità di un sistema di verifica dell’identità online, un meccanismo che richiederebbe la collaborazione diretta tra le piattaforme social e le istituzioni italiane, come una sorta di “certificazione digitale”.
Questo sistema, secondo Bandecchi, dovrebbe agire come deterrente contro l’anonimato e l’abuso, limitando la possibilità di creare profili falsi e diffondere messaggi aggressivi o diffamatori.
L’attacco diretto, l’insulto gratuito, la campagna di odio online, soprattutto quando perpetrati da profili non identificabili, rappresentano, a suo dire, una piaga sociale che va estirpata.
L’imposizione di un’identità verificata, collegata a una carta d’identità, comporterebbe, per Bandecchi, una responsabilizzazione degli utenti.
La libertà di critica, un pilastro della democrazia, non dovrebbe essere sacrificata, ma esercitata con consapevolezza e responsabilità, sotto il proprio nome e cognome.
L’anonimato, al contrario, è un rifugio per comportamenti irresponsabili e dannosi.
Bandecchi, però, non si limita a denunciare la situazione attuale e a proporre soluzioni legislative.
Egli individua le radici del problema in una più ampia crisi culturale ed educativa.
La scuola, secondo lui, ha fallito nel preparare i giovani ad affrontare le sfide del mondo digitale, fornendo programmi inadeguati e una formazione insufficiente.
Si percepisce una carenza globale di responsabilità da parte delle istituzioni scolastiche, che necessitano di una profonda riforma.
L’educazione, quindi, dovrebbe iniziare fin dalla tenera età, promuovendo valori di rispetto, responsabilità e consapevolezza.
Questo processo educativo deve essere supportato da una famiglia presente e formata, capace di guidare i propri figli verso un uso consapevole e critico della tecnologia.
Bandecchi, infine, propone un ritorno alla disciplina e alla formazione civica, suggerendo un servizio militare di leva obbligatorio, di durata limitata (12 mesi), per uomini e donne.
Questo servizio non è concepito come un ritorno al passato, ma come un’opportunità per i giovani di acquisire competenze pratiche, senso di responsabilità e spirito di collaborazione, elementi essenziali per la crescita personale e per il progresso della società.
La sua visione si configura come un appello a un cambiamento radicale, un invito a recuperare valori perduti e a costruire un futuro più equo e consapevole.






