La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne non può essere relegata a una mera ricorrenza simbolica.
In Umbria, come in molte altre regioni, i dati statistici impongono un approccio radicalmente diverso: un impegno costante e strutturale che trascenda l’eco mediatico del 25 novembre.
Questo è il messaggio che emerge con forza dall’Anci Umbria, guidata dal presidente Federico Gori, e dalla coordinatrice per le Pari opportunità, Luisa Fatigoni.
La violenza di genere non è un evento isolato, ma un fenomeno sistemico, profondamente radicato nel tessuto sociale ed economico.
Si manifesta con diverse forme – fisica, psicologica, sessuale, stalking, economiche – e colpisce donne di ogni età, estrazione sociale e condizione.
I silenzi che la circondano, le storie non raccontate, rappresentano un ostacolo significativo alla sua eradicazione.
I Comuni, in quanto presidi territoriali, hanno un ruolo cruciale da svolgere, non solo nell’erogazione di servizi specifici, ma soprattutto nella creazione di relazioni di prossimità che favoriscano la fiducia e l’emersione dei casi.
L’efficacia di qualsiasi intervento dipende dalla capacità di costruire reti territoriali solide e collaborative.
Queste reti devono coinvolgere attivamente istituzioni pubbliche, centri antiviolenza, associazioni del terzo settore, scuole, forze dell’ordine e un vasto corpo di volontariato, operando in modo sinergico e per tutto l’anno.
Ogni donna che cerca aiuto deve trovare una porta aperta, un luogo sicuro dove poter confidare il proprio dolore e ricevere un sostegno adeguato, sia esso un Comune, un’associazione, uno sportello di ascolto o una rete sociale di prossimità.
Nessun ente, nessuna amministrazione può affrontare questa sfida in isolamento.
La vera forza risiede nella capacità di costruire comunità vigili, presenti e capaci di accogliere e proteggere chi si trova in difficoltà.
Un’attenzione particolare deve essere rivolta ai piccoli Comuni umbri, dove le relazioni di vicinato, se opportunamente valorizzate e sostenute dalle istituzioni, possono diventare veri e propri presidi di protezione.
La prossimità, l’ascolto attivo e l’empatia rappresentano strumenti fondamentali per individuare i segnali di allarme e intervenire tempestivamente.
La lotta alla violenza sulle donne non si esaurisce con l’approvazione di leggi come il “codice rosso” o la recente normativa “Senza consenso è stupro”.
Queste leggi sono necessarie, ma insufficienti se non accompagnate da un profondo cambiamento culturale.
È imperativo promuovere un’educazione alla parità di genere fin dalla prima infanzia, sensibilizzare l’opinione pubblica e decostruire stereotipi e pregiudizi che alimentano la violenza.
L’incremento delle chiamate al numero verde 1522 è un segnale incoraggiante, che dimostra l’efficacia delle campagne di sensibilizzazione e l’importanza di momenti come la Giornata Internazionale.
Tuttavia, è fondamentale non abbassare la guardia, ma intensificare gli sforzi, ampliando l’offerta di servizi, rafforzando le reti di supporto e garantendo la protezione delle vittime.
Non si può dimenticare, infine, la drammatica situazione delle donne che subiscono violenze in contesti di guerra e oppressione, un’emergenza umanitaria che richiede un impegno globale e una costante vigilanza nell’applicazione dei diritti umani.
La lotta alla violenza sulle donne è una responsabilità collettiva, un dovere morale che ci impone di continuare ad esserci, sempre e ovunque, per garantire un futuro di pace, sicurezza e dignità per tutte.






