L’Umbria rischia di essere trascinata in una retorica del passato, soffocando l’innovazione e relegando i suoi cittadini a un ruolo di subalternità tecnologica.
La recente ondata di critiche mosse dal centrodestra alla delibera regionale del 13 agosto 2025, che prevede l’adozione della tecnologia “Waste-to-Hydrogen”, rivela non solo un’incoerenza politica sconcertante, ma anche una pericolosa miopia strategica.
È assordante l’ironia di un’opposizione che, meno di due anni fa, il 30 maggio 2023, con un’approvazione unanime – un voto condiviso anche dalle consigliere Agabiti e Pace – aveva sostenuto la mozione numero 1514, promossa dall’allora consigliere regionale della Lega, Daniele Carissimi.
Questa mozione, di cruciale importanza, si concentrava sulla riconversione del polo chimico ternano-narnese, esplicitamente favorendo l’applicazione di tecnologie “Waste to Chemicals”.
Un documento che oggi sembra dimenticato, per giustificare una retorica sterile e priva di visione.
La mozione Carissimi delineava chiaramente il potenziale trasformativo di queste tecnologie, descrivendole come capaci di estrarre dai rifiuti una complessa miscela di gas di sintesi, includendo elementi fondamentali come carbonio, metanolo e, crucialmente, idrogeno.
Questi elementi, riconosciuti come “building blocks” – elementi costitutivi – per la produzione di combustibili destinati alla mobilità sostenibile, in particolare quelli a base di idrogeno, rappresentavano un’opportunità concreta per la regione.
Si sottolineava, inoltre, come il processo “Waste to Chemicals” fosse intrinsecamente legato alla logica dell’economia circolare, essenziale per la transizione energetica, contribuendo a ridurre il volume dei rifiuti destinati alla discarica e, contemporaneamente, a diminuire la dipendenza dai combustibili fossili, pilastri di un modello energetico obsoleto e dannoso.
Le accuse lanciate oggi dai consiglieri di centrodestra, definendo la delibera sull’adozione della tecnologia Waste-to-Hydrogen (WtH2) come un “esperimento azzardato”, non solo ignorano la precedente approvazione di principi simili, ma sollevano interrogativi inquietanti.
I consiglieri hanno dimenticato, nel breve lasso di tempo trascorso, il contenuto di ciò che hanno votato? Hanno mutato le loro convinzioni sulla transizione energetica e sull’economia circolare, semplicemente per opporsi alle scelte della Giunta regionale, mettendo a rischio il futuro dell’Umbria? O, forse, si trovano a dover tutelare interessi consolidati, legati a modelli economici del passato, che vedono minacciato il loro potere? La risposta a queste domande è fondamentale per comprendere la reale motivazione di questa improvvisa inversione di rotta e per proteggere il futuro dell’Umbria, un futuro che non può essere costretto a tornare indietro di trent’anni, intrappolato in un’inadeguatezza autoimposta.
L’Umbria merita una leadership capace di visione e di coraggio, non una retorica del passato che ne soffoca il potenziale.