La crescente instabilità politica e la frammentazione del potere in Libia orientale stanno generando tensioni sempre più acute nelle relazioni internazionali, culminando in un episodio diplomatico di notevole impatto con l’Italia e l’Unione Europea. Il governo di Bengasi, guidato dal generale Khalifa Haftar, ha recentemente negato l’accesso al suo territorio a una delegazione ministeriale europea, inclusa la presenza del Ministro dell’Interno italiano, Matteo Piantedosi. Questa azione, comunicata attraverso una dichiarazione formale che ha dichiarato i membri della delegazione *personae non gratae*, ha sollevato interrogativi significativi sulle dinamiche di potere in atto e sulla gestione delle relazioni diplomatiche nella regione.L’episodio trascende una semplice incomprensione protocollare, come suggerito da alcune fonti italiane che minimizzano la gravità dell’accaduto. In realtà, la decisione di respingere la delegazione europea riflette la complessità del panorama politico libico, caratterizzato da una rivalità persistente tra le autorità di Bengasi e quelle di Tripoli, sostenute da potenze regionali e internazionali divergenti. Haftar, figura dominante nel controllo dell’est del paese, esercita un potere che spesso si discosta dalle procedure diplomatiche standard, agendo in un contesto di governance fragile e contestata.L’atto di rifiuto, quindi, può essere interpretato come una dimostrazione di forza da parte di Haftar, volta a ribadire la sua autonomia e a segnalare la sua riluttanza a riconoscere pienamente l’autorità del governo di unità nazionale di Tripoli, sebbene quest’ultimo sia riconosciuto a livello internazionale. Questo gesto complica ulteriormente gli sforzi volti a ristabilire un governo centrale stabile e inclusivo in Libia, un obiettivo cruciale per la sicurezza e la prosperità della regione.Le ripercussioni dell’evento si estendono ben oltre la sfera diplomatica immediata. L’opposizione italiana ha utilizzato la vicenda per criticare il governo, in particolare il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, evocando il controverso caso di Seif al-Islam al-Masri, precedentemente fuggito in Italia, per rafforzare l’accusa di una gestione inefficace della politica estera. La vicenda solleva interrogativi sull’effettiva capacità dell’Italia, e dell’Europa in generale, di influenzare la traiettoria politica libica e di mediare tra le diverse fazioni in conflitto.La decisione di Tajani di chiarire l’accaduto con Piantedosi sottolinea la necessità di un’analisi approfondita e di una revisione delle strategie diplomatiche. Il futuro delle relazioni tra l’Italia e la Libia, e il ruolo dell’Europa nel processo di stabilizzazione del paese, dipenderanno in gran parte dalla capacità di affrontare le cause profonde di questa crisi diplomatica e di elaborare un approccio più efficace e sensibile alle complesse dinamiche interne libiche. La regione, intrinsecamente connessa agli interessi strategici europei in termini di migrazione, sicurezza energetica e lotta al terrorismo, richiede una diplomazia più proattiva, orientata a promuovere un dialogo costruttivo e una governance inclusiva.