L’impasse che aveva temporaneamente bloccato il processo di revisione degli impegni di spesa per la difesa all’interno della NATO è stata risolta, aprendo la strada a un accordo che, sebbene con sfumature, riflette una convergenza di interessi strategici complessi. Fonti di diversi paesi membri confermano l’intesa raggiunta, che pone fine a una situazione di tensione nata dal veto spagnolo.La questione, apparentemente tecnica, riguardava l’interpretazione del parametro di spesa militare pari al 5%, un obiettivo ambizioso che mira a rafforzare la capacità di risposta collettiva dell’Alleanza Atlantica. La Spagna, in particolare, aveva espresso preoccupazioni sull’impossibilità di rispettare rigorosamente tale soglia, senza compromettere investimenti in altre aree cruciali della difesa, come la modernizzazione delle capacità e la ricerca e sviluppo di tecnologie innovative.La soluzione concordata si articola attorno a una maggiore flessibilità nell’applicazione del criterio del 3,5% relativo alla spesa militare “classica,” ovvero quella destinata direttamente all’acquisto di equipaggiamenti e al mantenimento delle forze armate. Il nuovo testo del comunicato finale, infatti, introduce la possibilità di considerare il raggiungimento degli obiettivi di *capacità* assegnati a ciascun membro dell’Alleanza come elemento compensativo. In altre parole, un paese che non raggiunge il 3,5% di spesa diretta può comunque essere ritenuto in linea con gli impegni NATO se dimostra di aver efficacemente sviluppato e dispiegato le capacità operative richieste.Questa concessione, apparentemente minore, ha un significato profondo. Non si tratta semplicemente di una deroga, ma di un riconoscimento della necessità di una visione più ampia e strategica della difesa. La capacità di una nazione non si esaurisce nella mera spesa finanziaria, ma dipende anche dalla sua capacità di innovare, di addestrare personale qualificato, di sviluppare sistemi di comando e controllo efficienti e di integrare le proprie forze armate con quelle degli alleati.L’accordo spagnolo, quindi, rappresenta un precedente importante, aprendo la strada a future discussioni sulla definizione di “capacità” e sulla modalità di valutazione del contributo di ciascun membro all’Alleanza. Potrebbe anche incentivare una maggiore attenzione alla qualità della spesa militare, premiando i paesi che investono in modo intelligente e mirato, piuttosto che quelli che si limitano a spendere somme considerevoli senza ottenere risultati tangibili.Tuttavia, è fondamentale sottolineare che la questione della spesa per la difesa rimane un tema sensibile all’interno della NATO. L’ambizione di raggiungere il 5% di PIL come obiettivo generale continua a dividere i paesi membri, e la flessibilità concessa alla Spagna potrebbe essere interpretata da alcuni come un indebolimento degli impegni collettivi. Il futuro della politica di difesa europea e atlantica dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio tra ambizione, pragmatismo e reale capacità di risposta alle sfide del XXI secolo.