Il processo di definizione della nuova legge elettorale si sta concretizzando, risvegliando un dibattito politico precedentemente attenuato. La pressione esercitata dalle forze di opposizione, in particolare da una frangia minoritaria del Partito Democratico, ha contribuito a cristallizzare posizioni e a delineare nuove proposte. La richiesta di introduzione delle preferenze individuali nella selezione dei deputati e dei senatori, avanzata da Stefano Bonaccini e sostenuta da Piero De Luca, riflette un’aspirazione a rafforzare il legame diretto tra elettori e eletti, e a garantire una maggiore rappresentatività delle diverse sensibilità all’interno dei partiti.Questa spinta verso il voto di preferenza emerge in un contesto più ampio di revisione del sistema elettorale, segnato dalla progressiva rinuncia al cosiddetto “Rosatellum”. Quest’ultimo, compromesso tra logiche maggioritarie e proporzionali, prevedeva un’elezione di un terzo dei parlamentari attraverso collegi uninominali, dove prevale chi ottiene il maggior numero di voti, e due terzi con un sistema proporzionale operante in circoscrizioni più contenute, caratterizzate da liste di candidati pre-ordinate e non modificabili dagli elettori.L’abbandono del Rosatellum apre a un ventaglio di possibilità, tra cui l’introduzione di un sistema prevalentemente proporzionale, con o senza soglia di sbarramento, o una combinazione di elementi maggioritari e proporzionali differente. La discussione non si limita alla mera scelta del metodo di calcolo dei seggi, ma tocca aspetti cruciali come la governabilità, la rappresentatività, la stabilità politica e il ruolo dei partiti. Un sistema elettorale con preferenze individuali, ad esempio, potrebbe aumentare la responsabilizzazione dei candidati nei confronti degli elettori, ma anche frammentare il parlamento e rendere più complessa la formazione di maggioranze coese.L’introduzione delle preferenze, inoltre, solleva interrogativi complessi relativi alla loro influenza sulla composizione delle liste elettorali e sulle dinamiche interne ai partiti, potenzialmente alterando equilibri consolidati. La scelta finale, quindi, richiederà un’attenta valutazione di tutte le implicazioni, bilanciando l’esigenza di garantire una rappresentanza fedele delle diverse voci del paese con la necessità di assicurare una governance stabile ed efficace. Il dibattito in corso, lungi dall’essere una semplice questione tecnica, si configura come un confronto fondamentale sul futuro della democrazia italiana.