L’Aula Nervi, illuminata da una luce soffusa, ha accolto il monito solenne del Papa Leone XIV durante la sessione plenaria della Roaco, la Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali. Il suo intervento, lungi da essere una semplice allocuzione, si è configurato come un grido d’allarme, un’eco dolorosa che risuona attraverso i secoli, testimoniando la tragicità del presente.Lontano da toni celebrativi o consolatori, il Papa ha scelto la franchezza, una sincerità lacerante di fronte alla gravità inaudita delle sofferenze che affliggono le comunità cristiane orientali. Ha descritto non una guerra, ma un’ondata di ferocia, una spirale di violenza che trascende i confini del mero conflitto armato e si addensa in una cecità spaventosa.Il suo linguaggio, potente e preciso, ha evitato eufemismi, scegliendo di definire la portata di questa sofferenza come qualcosa di inaudito nella storia recente, un’intensità maligna che squarcia il tessuto stesso della fede. Non si trattava di un semplice conflitto tra nazioni, bensì di un assalto diretto alla dignità umana, un tentativo di cancellare radici millenarie di cristianesimo.La Roaco, da sempre sentinella delle necessità delle Chiese Orientali, si trovava ad affrontare una realtà drammaticamente mutata. Non si trattava più di rispondere a emergenze locali o a persecuzioni sporadiche, ma di fronteggiare una campagna sistematica di distruzione e di sradicamento, un disegno nefasto volto a soffocare la voce dei fedeli.Il Papa ha sottolineato come questa violenza, al di là delle sue manifestazioni immediate, rappresenti una sfida profonda alla fede stessa. Il martirio, purtroppo, non è un concetto relegato al passato, ma una realtà quotidiana per innumerevoli cristiani dell’Oriente, costretti ad abbandonare le proprie case, a rinunciare ai propri beni, a vivere nel terrore costante.L’urgenza, ha ribadito, non è solo di natura umanitaria, ma spirituale. È necessario non solo fornire aiuti materiali, ma anche offrire sostegno morale, testimonianza di solidarietà, preghiera incessante. Le comunità cristiane orientali necessitano di essere rassicurate, di sapere di non essere abbandonate, di sentire la vicinanza della Chiesa universale.Il suo appello, quindi, si è rivolto non solo ai membri della Roaco, ma a tutti i cristiani del mondo, esortandoli a non chiudere gli occhi di fronte a questa sofferenza, a non rimanere indifferenti di fronte a un’ingiustizia così profonda. La Chiesa, ha ammonito, è chiamata a essere voce dei senza voce, a difendere i diritti dei perseguitati, a testimoniare la speranza in un futuro di pace e di riconciliazione.Il silenzio, in questo momento storico, sarebbe complice. La Chiesa deve parlare, agire, pregare, affinché la luce della fede possa continuare a brillare nell’Oriente cristiano, nonostante le tenebre che lo avvolgono. Il compito è arduo, ma la fede, ha concluso, è la forza che ci sostiene e ci guida lungo questo cammino di speranza e di carità.