Il sesto rapporto della Commissione Europea sullo Stato di diritto, un’analisi complessa e sfaccettata che abbraccia i ventisette Stati membri, si configura non come una valutazione comparativa, ma come un’istantanea di vulnerabilità e resilienza, un’indagine mirata a promuovere, non a giudicare. L’assenza di un sistema di punteggi o classifiche riflette la delicatezza intrinseca dell’argomento: lo Stato di diritto non è una performance misurabile, bensì un ecosistema fragile, costantemente esposto a pressioni interne ed esterne.Il quadro che emerge rivela una disomogeneità marcata. L’Ungheria, purtroppo, si pone come elemento di preoccupazione, un caso emblematico in cui le aspettative dell’Unione Europea si scontrano con una realtà di immobilismo, una sorta di inerzia che ne mina la credibilità e la coerenza interna. Questa situazione non è semplicemente una questione politica, ma una sfida alla stessa architettura giuridica europea.L’Italia, nel contesto europeo, mostra un andamento più complesso. Sebbene il rapporto evidenzi una percezione di maggiore indipendenza del settore giudiziario da parte dei cittadini, una sensazione positiva che può essere interpretata come un segno di fiducia rinnovata, persistono criticità significative. Roma, infatti, fatica a tradurre questa fiducia in azioni concrete, in particolare nell’implementazione delle raccomandazioni europee.L’inerzia legislativa su temi cruciali come la regolamentazione dei conflitti di interesse, la trasparenza delle lobby e la protezione dei giornalisti, rappresenta un ostacolo alla piena realizzazione degli standard europei. La mancata riforma in materia di diffamazione e la lentezza nell’affrontare il fenomeno delle donazioni occulte attraverso canali indiretti, fondazioni e associazioni politiche, denotano una resistenza a modernizzare il quadro normativo e a garantire una maggiore accountability.La questione della diffamazione, in particolare, è cruciale per la salvaguardia del diritto all’informazione e per la protezione dei whistleblower, figure essenziali per la denuncia di illeciti. Allo stesso modo, l’opacità delle donazioni politiche rappresenta una minaccia per l’integrità del processo democratico e per la parità di accesso alle opportunità di influenza.Questo rapporto, dunque, non è un semplice esercizio di monitoraggio, ma un invito all’azione. Un monito per tutti gli Stati membri, e in particolare per l’Italia, affinché si impegnino in un percorso di riforma strutturale, non solo formale, ma capace di rafforzare la fiducia dei cittadini e di consolidare i valori fondanti dell’Unione Europea: libertà, democrazia, uguaglianza e rispetto dei diritti umani. La sfida è complessa, ma l’impegno è imprescindibile per garantire un futuro di prosperità e stabilità per tutti.