Il 2025 si chiude con una sensazione di precarietà latente, un retrogusto amaro lasciato da una serie di sfide politiche ed economiche che hanno messo a dura prova la stabilità del governo.
La recente approvazione della manovra, preceduta da un acceso dibattito interno che ha rischiato di compromettere l’intero pacchetto, testimonia la fragilità di un consenso che fatica a consolidarsi.
Ancora pendente, ora, è l’iter del decreto di sostegno militare all’Ucraina, un provvedimento cruciale che riflette l’impegno del paese in un conflitto di portata globale, ma che inevitabilmente genera tensioni e solleva interrogativi sulla sostenibilità di un tale investimento in termini di risorse umane, economiche e geopolitiche.
Nel suo messaggio di fine anno ai dipendenti della Presidenza del Consiglio, la Presidente Meloni ha tracciato un quadro impietoso, esortando, con un’ammonizione velata, a prepararsi per un 2026 ancora più gravoso.
Questa dichiarazione, lungi dall’essere una mera formalità di circostanza, rivela una lucidità pragmatica sulle difficoltà che attendono il paese.
Non si tratta di un semplice peggioramento congiunturale, ma di un accumulo di fattori strutturali – inflazione persistente, debito pubblico elevato, incertezze legate alle dinamiche internazionali – che rischiano di erodere la capacità di risposta del governo.
L’appello al riposo, pur inserito in un contesto di auguri festivi, assume un significato più profondo: è un riconoscimento della necessità di recuperare energie fisiche e mentali per affrontare le sfide che si profilano all’orizzonte.
La “nazione straordinaria” a cui fa riferimento la Presidente non è un’astrazione retorica, ma una comunità di cittadini chiamati a confrontarsi con realtà complesse e a contribuire attivamente al suo futuro.
Il sostegno all’Ucraina, ad esempio, non è solo una questione di solidarietà, ma anche una scelta strategica che implica responsabilità e compromessi.
L’impegno finanziario e logistico, sebbene giustificato da imperativi etici e di sicurezza, deve essere calibrato con attenzione, tenendo conto delle esigenze interne e delle potenzialità di sviluppo del paese.
La gestione di queste priorità concorrenti richiede una leadership capace di ascolto, dialogo e visione strategica, al di là delle logiche partitiche e degli interessi di breve termine.
In sintesi, la fine del 2025 non segna una cesura, ma piuttosto un punto di transizione verso un nuovo scenario di incertezze e sfide.
La capacità di navigare in questo contesto delicato dipenderà dalla resilienza del governo, dalla coesione sociale e dalla capacità di ciascun cittadino di contribuire, con impegno e responsabilità, alla costruzione di un futuro più prospero e sicuro per l’Italia.
Il riposo, quindi, non è solo un diritto, ma anche un dovere, un preludio alla battaglia che attende tutti noi.





