Ritorna, ad Acca Larentia, un simbolo che riaccende memorie complesse e dolorose: la croce celtica.
La sua collocazione, in un luogo intriso di storia e tragedia, genera nuove riflessioni e riapre ferite che la città, e il paese intero, credevano di aver cicatrizzato.
L’episodio si configura come un intreccio delicato tra amministrazione locale, memoria collettiva e le ombre persistenti di un passato recente e profondamente segnato.
La decisione del municipio, nel 2024, di richiedere la rimozione del manufatto era stata motivata da preoccupazioni legate all’interpretazione e all’uso politico dei saluti romani, simbolo spesso associato a contesti di estrema destra.
Tuttavia, la sua recente ricollocazione – ironia della sorte – coincide con l’anniversario di un evento ancora più drammatico: la strage del 7 gennaio 1978.
Quel giorno, Acca Larentia fu teatro di violenza inaudita, un episodio cruento che incise profondamente nella storia della capitale e che si inserisce nel contesto più ampio degli “anni di piombo”.
Il luogo, allora adiacente alla sede dell’MSI, divenne il palcoscenico di un agguato letale.
Tre giovani militanti, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, furono falciati da una pioggia di colpi, e Stefano Recchioni, colpito durante gli scontri successivi con le forze dell’ordine, spirò poco dopo.
La strage non fu un evento isolato, ma una manifestazione di un’escalation di violenza politica che sconvolse l’Italia negli anni Settanta.
La capitale, come altre città, fu dilaniata da scontri ideologici, attentati e omicidi, lasciando una scia di dolore e rabbia che ancora oggi permea la società.
La ricollocazione della croce celtica, in questo contesto, solleva interrogativi complessi.
È un atto di riappropriazione simbolica? Un tentativo di recuperare una memoria strumentalizzata? Oppure una provocazione volta a riaccendere le tensioni ideologiche? La risposta, probabilmente, è sfumata e dipende dalle interpretazioni individuali e dalle sensibilità in gioco.
Al di là delle posizioni ideologiche, l’episodio invita a una riflessione più ampia sulla memoria storica, sulla necessità di onorare le vittime di ogni estrazione politica e sulla responsabilità di chi detiene il potere di plasmare il paesaggio urbano con simboli che risuonano di significati profondi e spesso controversi.
La memoria, infatti, non è un dato statico, ma un processo dinamico che si nutre di interpretazioni e reinterpretazioni, e che richiede un approccio attento e rispettoso nei confronti delle ferite del passato.
La croce celtica ad Acca Larentia, ora più che mai, rappresenta un monito a non dimenticare, a comprendere e a costruire un futuro basato sulla riconciliazione e sulla giustizia.