La ricerca della giustizia, pilastro fondante di ogni società che ambisce a tutelare la sacralità della persona, ha assunto un significato nuovo e profondo nell’ambito di un evento senza precedenti: il Giubileo della Giustizia.
Un’occasione per riflettere sull’ineludibile legame tra l’esercizio del diritto e i valori fondamentali di speranza, misericordia e fede, superando la mera applicazione formale delle norme.
Oltre quindicimila partecipanti, provenienti da una rete globale che abbraccia circa cento nazioni – dall’Italia, Spagna e Portogallo, alla Polonia, Francia e Stati Uniti – hanno convergito a Roma, testimoniando l’universalità di questa aspirazione.
Accompagnato dal sottosegretario Andrea Delmastro, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha guidato la delegazione italiana, mentre la presenza del giudice Samuel Anthony Alito, della Corte Suprema degli Stati Uniti, ha conferito ulteriore solennità all’incontro con il Pontefice.
Il messaggio del Papa ha delineato una visione teologica della giustizia, che trascende la sua dimensione puramente legale.
Ha esortato i professionisti del diritto a interpretare le leggi con un’umanità profonda, mirando a garantire a ciascuno la realizzazione delle proprie aspirazioni e la piena tutela dei diritti intrinseci alla dignità umana.
Un sistema di valori condivisi, fondato sulla solidarietà e il rispetto, deve costituire il faro che guida ogni decisione.
La giustizia non si limita a sanzionare il male, ma implica una profonda riparazione, una ricostruzione del tessuto sociale lacerato da ingiustizie e sofferenze.
Il dramma globale, con le sue ferite aperte – si pensi alla situazione di profonda crisi umanitaria che affligge la regione di Gaza, anche se non esplicitamente citata – rivela una frattura profonda nelle regole della convivenza.
Molti popoli e nazioni anelano a una giustizia che troppo spesso appare irraggiungibile, intrappolati in condizioni di vita inaccettabili e disumane.
Un punto focale di questa giornata di riflessione è stata la figura di Rosario Livatino, magistrato ucciso dalla mafia trentacinque anni fa e ora beato.
La sua vita e il suo sacrificio incarnano un ideale di giustizia ispirato alla fede, un impegno totale al servizio del bene comune.
Monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, ha sottolineato come, per Livatino, fede e diritto fossero realtà indissolubilmente connesse, in un rapporto complesso, a volte conflittuale, ma sempre essenziale per la piena realizzazione della giustizia.
Un gesto simbolico è stato il dono offerto dall’Associazione Nazionale Magistrati (Anm): un fazzoletto cucito dai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, un segno tangibile di speranza e di possibile redenzione, che unisce i valori del Giubileo della Giustizia e l’impegno verso una società più giusta e inclusiva.
Questo atto dimostra come la giustizia debba estendersi anche a coloro che si trovano ai margini della società, offrendo loro una seconda possibilità.