Il ricordo di Pino Mango, a dieci anni dalla sua improvvisa scomparsa, si fa vivido attraverso la testimonianza di Graziano Accinni, fedele compagno di viaggio musicale e amico.
Più che un semplice chitarrista, Accinni fu parte integrante del percorso artistico di Mango, un rapporto costruito sulla reciproca stima e sul profondo rispetto che si estendeva all’uomo prima che all’artista.
La Basilicata degli anni ’80, regione ancora avvolta in una relativa oscurità nazionale, fu il crogiolo in cui nacque questa improbabile, ma feconda, collaborazione.
Un incontro casuale, orchestrato da un amico d’infanzia, aprì le porte a un provino che avrebbe cambiato la vita di Accinni.
Mango, con la lungimiranza di chi sa riconoscere il talento grezzo, intravide in lui un potenziale che andava oltre la semplice abilità tecnica.
L’ambizione era quella di creare un gruppo interamente lucano, un progetto coraggioso che mirava a portare la musica della regione alla ribalta, sfidando le difficoltà logistiche e di visibilità tipiche di un territorio periferico.
Ma l’eredità di Pino Mango trascende la mera dimensione musicale.
Accinni ne descrive un carattere di straordinaria purezza, un’eleganza intrinseca che si manifestava nei modi, nell’onestà intellettuale e nella gentilezza verso ogni persona.
Un uomo legato alle sue radici, che risiedeva con la madre nella casa paterna, simbolo di un’umiltà che contrastava con la sua crescente fama.
La sua genialità era alimentata da una costante ricerca di innovazione.
Accinni ricorda con precisione l’ossessione per la vocalità, gli arrangiamenti sofisticati e l’esplorazione delle sonorità elettroniche, elementi che avrebbero poi caratterizzato i suoi lavori più iconici, “Oro” e “Australia”, nati sotto la guida del maestro Mogol.
L’utilizzo di strumenti relativamente semplici, un registratore Tascam, un piano Yamaha e un sintetizzatore Korg Polysix, non fece che amplificare la sua creatività, permettendogli di fondere l’energia della new wave con il calore del Mediterraneo, creando un linguaggio musicale unico e riconoscibile.
L’attenzione al dettaglio era una sua costante, estendendosi anche all’immagine.
Accinni ne testimonia la cura maniacale per l’abbigliamento, rivelando come l’artista stesso abbia ideato e cucito alcuni dei suoi outfit più memorabili, immortalati in servizi fotografici con Loredana Bertè e visibili sulla copertina di “Oro”, un preludio alla collaborazione con lo stilista giapponese Yamamoto.
Pino Mango non fu solo un artista innovativo e originale, ma anche un professionista completo, capace di incarnare un ideale di integrità e talento che continua a ispirare.
La sua musica, la sua persona, rimangono un patrimonio inestimabile per la cultura italiana.







