La riflessione sulla futura politica di coesione dell’Unione Europea e la definizione del quadro finanziario pluriennale 2028-2034 stanno generando un acceso dibattito tra le regioni italiane, con il presidente della Basilicata, Vito Bardi, che si schiera apertamente al fianco dei colleghi lombardo, Attilio Fontana, e piemontese, Alberto Cirio.
La loro posizione, condivisa da un’ampia platea di regioni, si pone come baluardo contro una deriva centralizzatrice che minaccia di compromettere la capacità dell’UE di rispondere alle reali esigenze dei territori.
Il nocciolo della questione risiede nella proposta avanzata dalla Commissione Europea, che sembra prefigurare un’unificazione dei fondi di coesione in un unico bacino finanziario a livello nazionale.
Tale approccio, secondo i presidenti regionali, snatura il principio fondamentale della politica di coesione, che da sempre si è configurata come strumento di valorizzazione delle specificità regionali e di riduzione dei divari interni all’Unione.
La storia della politica di coesione europea è infatti intrinsecamente legata all’idea di un’Europa delle regioni, capace di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile in ogni angolo del continente.
L’Italia, forte della propria diversità territoriale e delle proprie sfide strutturali, ha già espresso formalmente la necessità di preservare un sistema di finanziamenti autonomo, capace di adattarsi alle peculiarità di ogni regione.
Questa richiesta non è un mero atto formale, ma l’espressione di una consapevolezza profonda: le esigenze della Basilicata, con le sue aree interne marginalizzate e la necessità di contrastare lo spopolamento, sono intrinsecamente diverse da quelle di una regione più sviluppata.
Un’unica fonte di finanziamento, gestita centralmente, rischia di appiattire queste differenze, privando i territori più fragili degli strumenti necessari per affrontare le proprie specifiche problematiche.
La critica ai modelli gestionali centralizzati si focalizza anche sulla loro incapacità di fornire risposte rapide ed efficaci in caso di crisi inattese.
Un sistema troppo rigido e burocratico rischia di irrigidire la capacità di intervento dell’UE, compromettendo la sua credibilità e la sua capacità di affrontare le sfide emergenti.
La flessibilità e la capacità di adattamento sono elementi cruciali per una politica di coesione efficace, e la centralizzazione rischia di soffocarli.
La richiesta di una voce più incisiva delle regioni italiane nel processo decisionale europeo è dunque un appello a preservare l’essenza stessa della politica di coesione: unire l’Europa non attraverso l’omologazione, ma attraverso la valorizzazione delle diversità.
È imperativo evitare che la burocrazia e una visione eccessivamente centralista erodano le opportunità di crescita e sviluppo dei territori, soprattutto quelli più marginali e svantaggiati.
La Basilicata, insieme alle altre regioni italiane, si impegna a difendere un modello di coesione che rimanga fedele alla sua missione originaria, un pilastro fondamentale per la costruzione di un’Europa più giusta, equa e solidale.
Il futuro dell’UE dipende dalla capacità di ascoltare le voci dal territorio e di rispondere alle esigenze reali dei cittadini europei.