mercoledì 31 Dicembre 2025

Ventimiglia, tre anni di silenzio e una madre chiede giustizia.

Tre anni.

Tre anni di un dolore che si tramuta in resilienza, un grido incessante per risposte, per un intervento che spezzi il silenzio dell’impunità.
La voce di Elena C.

, madre di un bambino segnato da un evento traumatico, incrina l’aria con la sua disperazione.

Il 19 dicembre 2022, la sua vita, e quella del suo bambino, si è frantumata in mille schegge, proiettate sull’asfalto di via Gallardi a Ventimiglia.

Un bambino di sei anni, ritrovato in condizioni critiche, strappato alla soglia della morte grazie all’intervento tempestivo del personale sanitario del Gaslini di Genova.
Le ombre che avvolgono quella notte rimangono dense, enigmatiche, nonostante l’inchiesta in corso.

La gravità delle lesioni riportate dal bambino, la sua pelle solcata da cicatrici indelebili, rappresentano una ferita aperta nel cuore di Elena, un costante richiamo a un trauma inespresso.

Il tempo, invece di lenire, sembra acutizzare il dolore, alimentando un senso di ingiustizia soffocante.

La nonna paterna e il compagno, sospesi del reato di lesioni gravissime in concorso, continuano a vivere la propria esistenza, apparentemente indisturbati, mentre la madre del bambino implora che la giustizia faccia il suo corso.

“Come è possibile – si interroga Elena – che dopo tre anni non sia stato compiuto alcun passo concreto?”Il bambino, testimone diretto di un evento sconvolgente, ha confidato al Pubblico Ministero di Imperia la sua versione dei fatti, un racconto fedele a quello già condiviso con la madre.
La verità, apparentemente, è nota, ma la sua materializzazione in un atto giudiziario sembra arenarsi in un limbo burocratico.

La domanda che Elena pone, il suo grido di dolore, non è solo una richiesta di giustizia per il figlio, ma un appello alla coscienza collettiva.

Un monito contro l’indifferenza, un’esortazione a non lasciare che il silenzio copra le ferite della società.
Perché ogni bambino ferito è una ferita aperta nell’umanità stessa, e la sua guarigione passa attraverso la certezza che la giustizia, seppur lenta, alla fine trionferà.

Il bambino, nonostante tutto, è tornato a vivere, ma la sua anima porta con sé il peso di una notte che non potrà mai dimenticare.

La sua rinascita, però, è anche la forza che spinge Elena a non arrendersi, a continuare a chiedere, a lottare, fino a quando la verità non verrà pienamente riconosciuta e la giustizia, finalmente, sarà fatta.

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