Ordinanze belliche a Panigaglia: nuova polemica sull’impianto Snam.

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Nel Golfo della Spezia, a ridosso della Baia di Panigaglia, si è verificata una scoperta significativa che ha immediatamente sollevato questioni di sicurezza e riacceso un acceso dibattito sull’impianto rigassificatore Snam presente in loco.

Due ordigni bellici, presumibilmente residui della Seconda Guerra Mondiale, sono emersi durante attività di lavorazione marina condotte dalla società Cesub srl, operante in un’area strategica tra La Spezia e Porto Venere.

La Capitaneria di Porto, in risposta alla segnalazione, ha prontamente istituito una zona di interdizione alla navigazione, estendendosi per un raggio di 500 metri attorno al punto di rinvenimento.
Questa misura precauzionale, valida fino al completamento delle operazioni di disinnesco e brillamento degli ordigni, mira a proteggere la navigazione e a mitigare potenziali rischi per le attività marittime.
L’impianto rigassificatore di Panigaglia, un’infrastruttura cruciale per l’approvvigionamento energetico del Nord Italia, rappresenta l’unica struttura di questo tipo installata a terra presente nel paese.

Inaugurato nel 1971, l’impianto svolge un ruolo chiave nel processo di rigassificazione del gas naturale liquefatto (GNL) trasportato via nave.
Le metaniere scaricano il GNL, raffreddato a temperature estreme (-60°C), che viene poi stoccato in due serbatoi di notevoli dimensioni (50.000 metri cubi ciascuno) prima di essere rigassificato e immesso nella rete di metanodotti che alimenta il Nord Italia.
Un sistema complesso e complementare prevede inoltre il trasbordo del gas tramite camion cisterna, che vengono poi trasferiti sulla terraferma attraverso un traghetto, garantendo una flessibilità operativa significativa.

La scoperta degli ordigni ha inevitabilmente riacceso la discussione sulla sicurezza dell’impianto, un tema centrale nel confronto tra la società Snam e un comitato di cittadini che da anni ne chiede la dismissione.

Le preoccupazioni riguardano principalmente la prossimità dell’impianto agli abitati e i potenziali rischi derivanti da un evento critico.
La questione solleva interrogativi più ampi relativi alla gestione del patrimonio bellico sommerso, alla pianificazione territoriale e alla valutazione del rapporto tra infrastrutture strategiche e sicurezza delle comunità locali.
L’episodio pone l’accento sulla necessità di una revisione approfondita delle procedure di sicurezza, di una maggiore trasparenza nei confronti della cittadinanza e di un dialogo costruttivo per trovare soluzioni condivise che conciliino le esigenze energetiche del paese con la tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
La complessità del contesto richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga esperti di sicurezza, geologi marini, rappresentanti delle istituzioni e, soprattutto, la voce dei cittadini.

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